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BR77D1 - Esiste questa cosa chiamata amore?
Prima discussione pubblica
Brockwood Park, UK
30 agosto 1977



0:21 Credo che questo sia un incontro di dialogo, ma temo che questa parola significhi che cerchiamo di trovare la verità attraverso il confronto, il dibattito. E con così tante persone, temo che non sia possibile. E nemmeno il dialogo - essendo il dialogo una conversazione fra due persone, persone ben disposte. E anche questo non è possibile con così tante persone. Abbiamo anche pensato di chiamare dieci o dodici persone qui davanti, per discutere, dialogare con loro, e permettere a chi vuole di unirsi al dialogo. Ma anche questo non è possibile. Perciò, che facciamo? Potremmo fare un incontro con domande e risposte, oppure un dialogo con due o tre persone che siano seriamente preoccupate riguardo alla loro vita, a quello che le circonda, e all'ambiente, alla politica e così via, per avere un dialogo con queste poche persone, e chi volesse unirsi, può farlo, così non ci sarebbero speciali prescelti e nessuno sarebbe escluso. Dunque, cosa vogliamo fare?
2:06 Pubblico: L'ultima.
2:08 K: Cioè, domande e risposte?
2:10 P: No, il dialogo.
2:12 P: Poche persone che parlano.
2:15 K: Volete alcune persone che parlano?

P: Sì.
2:20 K: Bene, e chi sceglierà queste persone? Se scelgo io, o lo fa qualcun altro, voi penserete che i prescelti siano i nostri preferiti, e...
2:42 P: Lasciamo che chi vuole partecipare al dialogo venga avanti.
2:49 P: Domande e risposte è meglio, per favore.
2:51 K: Domande e risposte. Va bene?
3:11 Allora, vi piacerebbe un incontro con domande e risposte? O un dialogo fra due o tre persone? E voi scegliete quelle due o tre persone - non chi vi parla o qualcun altro.
3:32 P: Scelte a caso.
3:35 K: Scelte a caso - come si fa?
3:47 Potremmo iniziare l'incontro, se posso consigliare, con domande e risposte, e poi vedere come va. Dopo di che, da queste domande e risposte, vedremo chi potrà veramente avere un dialogo, uno scambio, chi potrà dire: "Io non capisco. Che cosa intende con questo? Parliamone. Approfondiamolo meglio." così che vi sia una conversazione fra voi e chi vi parla. Possiamo provare così? Domande e risposte prima, e poi un dialogo - cioè una conversazione fra due o tre persone. E vedremo come va.
4:45 P: Posso fare una domanda?

K: Sì, certo. Signore, un momento; prima di porre domande, vi prego, che siano domande inerenti alla nostra vita quotidiana. Come causare o, piuttosto, è possibile causare una trasformazione radicale nella nostra esistenza quotidiana, nella nostra coscienza, un cambiamento radicale in tutto il nostro modo di pensare, di vedere, di osservare e di agire? E' questo che ci interessa. E se voi ponete domande ipotetiche, o teoriche, temo che non vi risponderò. Questo è chiaro e semplice. Perciò, per favore, fate domande che vi riguardano direttamente perché voi siete l'umanità intera, e se volete scoprire come risolvere i vostri problemi, come guardare alla vita in modo completamente diverso, ponete le vostre domande, e allora ne vale la pena. Ma se ponete domande non reali, non fattuali, ma teoriche allora temo che non avremo... almeno, io non sarò in grado di rispondere.
6:27 P: Posso fare una domanda?

K: Un momento, c'era lui.
6:31 P: A volte sento che c'è qualcosa in comune fra tutti noi, non posso vederlo né udirlo, ma penso ci sia qualcosa. Potrebbe dirci di che si tratta? Non so descriverlo.
6:47 K: Qual è il problema, signore?
6:49 P: Che c'è qualcosa di comune fra tutti gli esseri umani, che cos'è?
6:56 K: Abbiamo spiegato molto bene, durante questi discorsi, e nei precedenti, che dovunque si vada nel mondo, gli esseri umani sono presi in una trappola di dolore, infelicità, confusione, incertezza, disordine, e via dicendo. Questo è l'elemento comune a tutti gli esseri umani che vivono su questa povera terra.
7:28 P: Pensa che la paura psicologica, l'avidità e la violenza in ciascuno di noi, sia la trasformazione diretta della violenza fisica verso altri esseri senzienti, per il profitto e il cibo? O, in altre parole, che uccidere gli animali sia la prima causa della nostra miseria?
7:52 K: Non ho capito. Uccidere animali...
7:55 P: ...per il cibo e il profitto.
7:57 K: Qual è la domanda, signore? Qual è la domanda?
8:00 P: Pensa che la paura psicologica, l'avidità e la violenza in ciascuno di noi sia la trasformazione diretta della violenza fisica su altri esseri senzienti?
8:11 K: Oh, capisco. I biologi e altri dicono che nel processo di evoluzione noi deriviamo dall'animale, e così via. Gli animali sono violenti, e perciò noi abbiamo ereditato quella violenza. Ora, qual è la domanda? La domanda è se gli esseri umani possano essere liberi da questa violenza.
8:42 P: Esattamente.
8:44 K: Le interessa veramente?

P: Sì.
8:50 K: E' una questione che le interessa veramente, profondamente, in modo serio, sente il bisogno di esserne libero?
9:05 P: Sì.
9:06 K: Un momento, signore. Questa è la mia domanda. Se è così, allora parliamone. Altrimenti, se dice che è una cosa teorica, che vorrebbe essere libero ma che ucciderà lo stesso gli animali, allora non ha senso.
9:25 Allora, cos'è la violenza? Come nasce la violenza? E non c'è solo la violenza fisica, fare a botte, lanciare bombe, uccidendosi a vicenda, ma ci sono anche altre forme di violenza. C'è violenza quando le persone sono in conflitto, psicologicamente. E' una forma di violenza, certamente. Un'altra forma di violenza è quando imitiamo qualcuno, quando ci adattiamo, o seguiamo qualcuno - sono tutti segnali, come essere arrabbiati e così via sono tutte forme di violenza. Vero? Perciò, quando parliamo di violenza, non ci riferiamo soltanto ai fattori psicologici della violenza ma anche ad azioni fisiche violente - picchiarsi, lanciarsi bombe, e così via, così via. I terroristi, gli stati totalitari che eliminano tante persone - sono tutte forme di violenza. Non è vero?
10:45 Ora, è possibile essere liberi da questa violenza, psicologicamente? Partiamo prima dal fattore psicologico, non da quello fisico. Ci chiediamo: è possibile? E' possibile soltanto quando si è di fronte alla violenza e la si affronta - giusto? - senza teorie, ideali di nonviolenza, e cose del genere. Vero? Quella è una fuga dal fatto. Io voglio essere libero dalla violenza, quindi ci deve essere una consapevolezza di tutti i fattori della violenza, e osservarli, non cercare di sfuggirli, senza dire che bisogna cambiarli, o diventare non-violenti. Cercando di diventare non-violenti siete in conflitto, no? Perché siete violenti e volete diventare non-violenti e così fate uno sforzo e lo stesso sforzo è una forma di violenza. Non è vero? Possiamo continuare da qui?
12:15 Allora, è possibile essere liberi dalla violenza e considerare tutta la questione, il problema complesso della violenza, dal punto di vista psicologico? Cioè, stiamo imitando, conformandoci, adattandoci a un modello stabilito da noi o da altri? Questi sono tutti sintomi di violenza, come la rabbia, l'odio, la gelosia. Ora, possiamo rimanere con il fattore della violenza ed essere consapevoli, senza scelta, di tutta la sua struttura? Lo farete? Lo state facendo ora? Lo sta facendo, lei che ha posto la domanda? Chi ha posto la domanda, lo sta facendo? O è soltanto una teoria a proposito della violenza? Dove c'è divisione fra uomo e uomo, fra donna e uomo, e così via, ci deve essere conflitto, che è una forma di violenza. Il nazionalismo è una forma di violenza. E' ovvio. Quando ci sono due credo dogmatici, e ciascuno cerca di convertire l'altro, uno contro l'altro, è una forma di violenza. Quindi, siamo consapevoli di questo fatto nella nostra vita? E quando ne siete consapevoli, che cosa fate? Direte di esserne consapevoli continuando con la violenza? Perciò, diventa una questione molto seria. Se si vuole davvero essere liberi dalla violenza, bisogna guardarla, viverci insieme, comprenderla, rifletterci sopra e vedere le molteplici forme della violenza, conoscerle completamente - e quando si conosce qualcosa questa fiorisce e poi appassisce. Non c'è bisogno di combatterla. Lo farete? Questa non è...
15:03 P: Sta dicendo che diventiamo violenti?
15:16 K: Non sto dicendo che diventiamo violenti, lo siamo.
15:20 P: Non è chiaro che cosa intenda per 'fiorire'.
15:25 K: Signore, ascolti: io sono violento, e lo osservo. Perché non fuggo via da questa cosa, non la reprimo, non la trasformo in qualcos'altro, come nonviolenza, che è una cosa assurda - la trasformazione della violenza in nonviolenza è stupidità, non ha senso, Quindi, dato che sono violento, lascio che venga fuori - non in azione. Lasciatela fiorire, lasciatela crescere, mentre la guardate, cresce e muore. Non lo avete mai fatto? Cioè, quando siete arrabbiati, nel momento della collera non siete consapevoli, voi siete... fuori! Un secondo più tardi dite che vi siete arrabbiati. Giusto? Perciò, voi vi dividete fra non essere arrabbiati ed esserlo stati. Quindi c'è divisione fra l'osservatore che dice di essere stato arrabbiato e che non deve esserlo. Giusto? Perciò la divisione genera conflitto, dicendo "Non devo arrabbiarmi. Come faccio a liberarmene?" e via dicendo. Mentre, se siete coscienti della rabbia mentre sorge la lasciate uscire, non verbalmente, non attivamente, senza dire che picchierete qualcuno. Lasciatela fiorire, lasciatela uscire, e la vedrete sparire, molto in fretta, estinguendosi. E, se lo fate nel modo giusto, non vi arrabbierete più. Finito!
17:44 P: Pensa che si possa fare lo stesso con la paura?
17:48 K: E' lo stesso con la paura.
17:52 P: Signore, quando dice che dovremmo osservare completamente noi stessi, trovo sia molto difficile farlo perché posso vedere soltanto quello che accade nel momento presente. Ora, si tratta della mia totalità o... ? O ci sono sentimenti totali, la totalità della coscienza mentale?
18:13 K: Signore, parliamone, va bene? E' possibile essere completamente consapevoli dell'intero contenuto della propria coscienza? Questa è la domanda, non e vero? Ho frainteso la domanda?
18:35 P: In un momento.

K: Ci sto arrivando. Innanzitutto chiedo se ho capito bene la domanda di quel signore. Il signore chiede se sia possibile vedere l'intero contenuto della coscienza in una sola percezione - totalmente consapevoli dell'intera cosa? E' possibile quando si è vissuto una vita parziale, continuamente? Va bene? Voi vedete la vita in modo parziale, non è vero? Siete un uomo d'affari, un medico, un politico, siete uno scienziato, un artista, uno scrittore, siete un operaio, una donna, e così via. Sono tutte parti divise, no? E il nostro condizionamento è di guardare la vita in pezzi. Giusto? State seguendo? In tante parti. Perciò il nostro condizionamento impedirà di vedere la totalità della coscienza intera, in un solo istante. Perciò il nostro problema non è come osservare la totalità della coscienza, ma perché la mente, o il cervello, osserva in modo parziale? Perché il cervello non è capace di osservare tutta la faccenda? Il cervello è stato condizionato per millenni a guardare la vita parzialmente. Vero? Questo è chiaro, no? Tutti guardiamo la vita in frammenti. Quello che mi interessa è - se la cosa mi interessa - la nostra domanda è: perché la mente, o il cervello, osserva in frammenti? Va bene? Perché?
21:21 P: Cosa intende esattamente per 'osservare in frammenti'?
21:26 K: Che cosa si intende per osservare i frammenti della vita? Non viviamo forse così? In ufficio sono brutale, ambizioso, voglio il successo, sono spietato. Poi torno a casa e dico: 'Cara, come stai?'
21:50 P: Questo sembra quasi facoltativo. Mentre la società richiede che si diventi ancora più specializzati.
21:58 K: Sì, la società vuole che si diventi sempre più specializzati, e questo è frammentazione. La società lo richiede perché servono più ingegneri, e così via. Ma, in campo psicologico, ci chiediamo: perché il cervello funziona per frammenti? Come stavamo dicendo, è stato condizionato così per millenni. Ora, è possibile essere liberi da questo condizionamento? Non come osservare la totalità, ma essere liberi dal condizionamento come nazionalisti, arabi, ebrei, specialisti, dottori, e così via. Prendere la vita come un tutt'uno. Perché c'è sicurezza nei frammenti, nella frammentazione, sia fisicamente, sia psicologicamente. Questo è ovvio, no? Mi specializzo per diventare un guru e in quella specializzazione trovo un bel po' di sicurezza, sia fisica, sia psicologica. Mi specializzo come dottore, come ingegnere o uomo d'affari, come prete, come venditore, o quello che volete, in quella frammentazione di vita, in quei frammenti, c'è parecchia sicurezza. E il cervello, tutta la sua struttura, richiede sicurezza. Perciò, trova la sicurezza in un frammento. Ora, esiste sicurezza in un frammento? Seguite, per favore. Esiste sicurezza nella divisione - come indù, musulmano, cristiano, arabo, ebreo, o in qualche speciale carriera? C'è sicurezza? Siete voi che dovete rispondere. non io. Se non c'è sicurezza, scoprire che non c'è è il principio dell'intelligenza, non è vero? Dire che c'è sicurezza nell'essere comunisti, o cattolici - tanto per fare due esempi - se sono cattolico, mi sento molto sicuro in un paese cattolico. Psicologicamente, credo in qualcosa, con tutto quel che segue. In quel credo, in quel condizionamento, c'è sicurezza. Allo stesso modo, se sono comunista, teoricamente, credo in certi concetti di società, al potere dello Stato, al controllo, e via dicendo, e nel crederci, c'è un grande senso di sicurezza.
25:36 Perciò, bisogna scoprire se vi sia sicurezza nella divisione. Va bene? Per quanto conveniente, piacevole, e comoda, esiste sicurezza nella divisione, che è frammentazione? Ovviamente no! Ora, capendo questo, scoprire che non c'è sicurezza nella frammentazione è l'inizio dell'intelligenza. Soltanto chi non è intelligente accetta la divisione e vive in base a quella. Va bene?
26:22 P: Signore, se noi siamo persone serie, può questa capacità...
26:28 K: Ah, un momento! Abbiamo concluso questa questione? Questa è una faccenda molto complessa, non una questione di un paio di minuti. Noi viviamo una vita frammentaria. L'essenza della frammentazione è il 'me'. D'accordo? 'Io' e 'tu' 'noi' e 'loro'. Questa è l'essenza della frammentazione. E noi abbiamo vissuto così, siamo educati in questo modo, siamo condizionati così, perché in questo c'è l'idea straordinaria o l'illusione, che vi sia sicurezza. Ora, per esserne liberi, ci vuole una bella dose di osservazione, vivendo con l'idea di funzionare davvero nella frammentazione, ma dove c'è frammentazione ci deve essere conflitto, da cui deriva tutta l'importanza che si dà al 'me'.
27:50 E' possibile essere liberi da questo modo frammentario di vivere, quotidianamente?
28:00 P: Sembra che non ci sia sicurezza nella frammentazione, ma pare che continui, per abitudine.
28:13 K: Ma è un'abitudine. Va bene, signore. Non importa se è un'abitudine. Se è un'abitudine può essere libero da quell'abitudine? L'abitudine è un condizionamento. Altrimenti viviamo in costante lotta gli uni con gli altri, per quanto intimi possiamo essere, marito, moglie, e così via, deve esserci un conflitto continuo, ecco perché tante famiglie si dividono. Sono cose che sapete.
28:55 Quindi, ci chiediamo, osservare la totalità della coscienza è possibile soltanto quando non c'è un'esistenza frammentaria, e allora si vede immediatamente tutto l'insieme. Vedete, siamo talmente abituati all'analisi, che è la continuazione della frammentazione.
29:27 P: Non significa forse che l'intera coscienza è nulla?
29:33 K: L'intera coscienza, prima di tutto, è il suo contenuto, non è vero? Il contenuto forma la coscienza - rabbia, gelosia, odio, le tante ferite ricevute, nazionalità, credenze, conclusioni, speranze, tutto questo è la nostra coscienza. E' possibile essere consapevoli di tutto, non a pezzetti, ma totalmente? E poi andare oltre, che significa essere liberi dal contenuto e vedere cosa accade. Ma nessuno vuole provarci!
30:25 P: Sembra impossibile.
30:26 Direbbe che se ci provassimo, senza compassione, non significherebbe nulla per la trasformazione dell'umanità?
30:43 K: Non la seguo.
30:44 P: Cercherò di essere più chiaro, se riesco. Lei sabato ha parlato di queste cose: compassione, chiarezza e abilità. Lei ci ha mostrato, molto chiaramente, come l'abilità sia derivata dalla chiarezza e la compassione derivi da...

K: Sì, sì.
31:02 P: Ora, come possiamo esprimere compassione se non l'abbiamo? Se non è la compassione ad averci portato in questa tenda oggi, che senso ha essere qui? La mia domanda era questa, se abbiamo questa coscienza di cui lei ha parlato, ma non abbiamo la compassione, che senso ha?
31:22 K: Se non c'è compassione?

P: Sì, se l'uomo non ha compassione.
31:26 K: Giusto, signore. Lo so, non ha senso.
31:28 P: E' fondamentale: l'uomo non ha la compassione.
31:30 P: Esattamente. L'uomo non possiede la compassione. Perché?
31:37 P: Questa è la domanda.

K: No, ci pensi. Perché, come essere umano, lei o io, o chiunque altro, che siamo l'essenza di tutta l'umanità - non è vero, signore? Psicologicamente siamo l'essenza di tutta l'umanità, e perciò, quando siamo consapevoli di noi stessi rappresentiamo l'umanità intera. E lei, o chiunque altro, non avete la compassione - perché?
32:10 P: Penso che uno dei problemi sia la sensazione che i nostri problemi siano nostri personali.
32:18 K: I nostri problemi non sono personali, sono universali.
32:22 P: Ma penso che sia uno dei fattori che impediscono la compassione, questo sentire che sono i miei problemi.
32:30 K: No, stiamo cercando di capire perché gli esseri umani che tecnologicamente si sono evoluti così tanto, perché non possiedono questo semplice elemento che è tanto intelligente - avere compassione - perché?
32:52 P: Forse sono troppo occupati.
32:54 K: No, non risponda. Cerchi di capire perché, come essere umano che vive su questa terra, che è a disposizione di tutti per poterci vivere felicemente, perché non ha la compassione? Lei, non qualcun altro.
33:15 P: Io ho troppa paura.
33:17 K: Signora, lei risponde troppo in fretta, non ha approfondito.
33:20 P: Perché sono avido, perché voglio troppo.
33:29 P: Non bisogna cercare di avere compassione, non dovrebbe avvenire naturalmente quando si vede se stessi?
33:39 P: Voi non avete nemmeno provato a indagare, non vi siete osservati nemmeno per un paio di secondi chiedendovi perché non avete la compassione. State già rispondendo, buttando lì delle parole. Forse è il vostro modo di difendervi. Perché voi, con tutte le vostre esperienze, la vostra conoscenza, con tutta la civilizzazione che avete alle spalle di cui voi siete il prodotto, come mai questa cosa non esiste nella vostra vita quotidiana?
34:23 P: E' una questione di auto-conservazione?
34:28 K: E' una questione di auto-conservazione? Per scoprire perché non l'avete, perché non esiste nel cuore, nella mente e nella mentalità dell'uomo, non vi chiedete anche se amate qualcuno?
34:56 P: Questa è una domanda importante. Almeno, per me, perché mi chiedo che cos'è l'amore, qual è la definizione di amore.
35:10 K: Io lo chiedo a lei, signore. La prego sono io che chiedo a lei, con molto rispetto, se voi amate veramente qualcuno. Potreste amare il vostro cane, ma lui è vostro schiavo. A parte gli animali, certi edifici, i libri, la poesia e l'amore per la terra, amate veramente qualcuno? Cioè, senza chiedere nulla in cambio. D'accordo? Ascolti soltanto, signore, lo scopra! Senza chiedere nulla alla persona che amate, senza dipendere da quella persona. Perché, se siete dipendenti, comincia la paura, la gelosia, l'ansia, l'odio, la rabbia. E, se siete attaccati a qualcuno, è amore quello? No, scopritelo! E se tutto questo non è amore - sto solo domandando, non dico che lo è o non lo è - se tutto questo non è amore, come potete avere la compassione? Noi stiamo chiedendo molto di più dell'amore. E non abbiamo nemmeno l'amore - semplicemente l'amore per un altro essere umano.
37:16 E allora, che cosa dobbiamo fare? Possiamo continuare a parlarne, rispondendo alla domanda decine di volte, ma se voi, l'ascoltatore, non ascoltate, se non capite, se non scoprite, allora diventa completamente inutile avere un dialogo, o una discussione, o un incontro di domande e risposte se voi non partecipate attivamente all'indagine.
37:53 P: Come si fa a trovare quell'amore?

K: Io non voglio trovare quell'amore. Tutto quello che voglio è eliminare ciò che non è amore, essere libero dalla gelosia, dall'attaccamento.
38:12 P: Significa che non dovremmo avere alcuna frammentazione.
38:15 K: Oh, signore, questa è solo teoria. Vedete, siete ritornati di nuovo alle teorie. Scoprite se amate qualcuno.
38:44 K: Lei non ha ascoltato, signora. Lei non ha ascoltato quello che chi parla ha detto. Come potete amare quando siete preoccupati di voi stessi? Giusto? I vostri problemi, le vostre ambizioni, il vostro desiderio di successo, il vostro desiderio per tutto. Prima voi, e dopo gli altri, oppure prima l'altro, e voi per secondi. E' la stessa cosa.
39:21 P: Vorrei sapere se è possibile osservare un sentimento senza che intervenga il pensiero.
39:29 K: Non abbiamo finito questo argomento, signora.
39:36 Ora, vedete, abbiamo posto così tante domande. Come possiamo tenere un dialogo su questo, in due persone - capite? Due o tre persone sedute qui attorno, lei può sedersi qui, tutti voi su questa pedana con me, quelli che vogliono discuterne, avere un dialogo. Possiamo farlo ora? Due di voi, o sei, seduti qui, insieme, che si domandano: "Vediamo, cerchiamo di parlarne. Perché io... ? Io capisco, verbalmente, che non può esistere amore quando c'è gelosia, l'amore non può esistere quando c'è attaccamento, ora, è possibile essere libero dall'attaccamento?" Questo è un dialogo. Ora farò un dialogo con me stesso, va bene? E voi ascoltate.
40:41 P: L'uomo, dal momento del concepimento, e poi crescendo, viene educato ad essere egoista, impara a prendere e mai a dare.
40:58 K: Lo so, signore,
40:59 P: Dal ventre materno viene gettato in mezzo ai lupi della vita di tutti i giorni.
41:10 K: E' quello che stiamo dicendo. Voglio avere una conversazione con me stesso, un dialogo con me stesso.
41:21 Ascoltando tutto questo, mi rendo conto di non amare. Questo è un fatto. Non voglio imbrogliarmi. Non voglio far finta di amare mia moglie, o una donna, la ragazza o il ragazzo. Ora, innanzitutto, io non so cosa sia l'amore. Non so cosa sia l'amore. Ma so di essere geloso, so di essere attaccatissimo a lei. e in quell'attaccamento c'è paura, gelosia, c'è ansia, un senso di dipendenza. Non mi piace dipendere ma lo faccio, perché sono solo e sono spinto qua e là dalla società, dovunque mi trovi, in ufficio, in fabbrica, e quando torno a casa voglio sentirmi bene, in compagnia, per fuggire da me stesso. E allora sono dipendente, sono attaccato a quella persona. E mi domando: come faccio a liberarmi da questo attaccamento? Non so cosa sia l'amore, non voglio fingere - amore per Dio, per Gesù, per Krishna, tutte quelle assurdità, getta via tutto - io ho gettato via tutto. Allora, mi chiedo, come faccio a liberarmi da questo attaccamento? Sto solo facendo un esempio.
43:04 Innanzitutto non fuggirò davanti a questo, va bene? Non so come andrà a finire con mia moglie. Capite? Quando sono davvero distaccato da lei, la mia relazione con lei potrebbe cambiare. Lei potrebbe provare attaccamento per me e io non essere attaccato a lei o a nessun'altra donna. Capite? Non è che voglio essere distaccato da lei e mi metto con un'altra donna. E' una cosa ridicola! Sto dialogando con me stesso, qui. Allora, che cosa devo fare? Non cercherò di evitare le conseguenze di essere completamente libero dall'attaccamento. Voglio cercare di capire. Non so cosa sia l'amore, ma vedo molto chiaramente, assolutamente, senza alcun dubbio che l'attaccamento a quella persona significa paura, ansia, gelosia, senso di possesso, e via dicendo. E allora mi chiedo: come posso essere libero dall'attaccamento? Non il metodo, voglio esserne libero. Non lo so. Davvero non lo so.
44:52 Quindi comincio a indagare. E mi ritrovo imbrigliato in un sistema. Capite? State seguendo? Mi ritrovo legato a qualche guru che dice: "Ti aiuterò io ad essere distaccato, fai così, così, così. Pratica questo e quest'altro." E siccome voglio esserne libero, accetto quello che mi dice quel tizio, perché vedo l'importanza di essere libero, e lui mi promette che facendo quello che mi dice, ne sarò ricompensato. Quindi, voglio essere libero per essere ricompensato. Capite? Cerco una certa ricompensa. E allora mi dico: come sono stupido! Voglio essere libero e mi attacco alla ricompensa. State seguendo? Bene! Finalmente! Penso sarebbe meglio che dialogassi sempre con me stesso!
46:19 Signori, io rappresento tutta l'umanità - e lo dico sul serio - perciò, quando parlo con me stesso, mi viene da piangere. Capite? Non come voi, che sorridete. Per me è una passione.
46:36 Perciò, non voglio essere attaccato eppure mi ritrovo ad essere attaccato a un'idea. Capite? Cioè, devo essere libero e qualcuno, o un libro, o qualche idea, qualcosa dice: "Fai questo e otterrai quello". Per cui, la ricompensa diventa il mio attaccamento - capite? E allora mi dico: "Guarda che cosa ho fatto. Attenzione. Non farti prendere in quella trappola". Che si tratti di una donna o di un'idea, è sempre attaccamento. Perciò ora sono molto attento, ho imparato qualcosa. Cioè, cambiare per qualcos'altro è sempre attaccamento. Giusto? Quindi sto molto attento. Poi mi chiedo: "C'è qualche modo, o, cosa devo fare per essere libero dall'attaccamento?" Qual è la mia motivazione? Capite? Perché voglio essere libero dall'attaccamento? Perché fa male? Perché voglio raggiungere uno stato in cui non vi sia attaccamento, paura, ecc. ecc.? Qual è la mia motivazione? Vi prego, seguitemi, perché io rappresento voi. Qual è il mio motivo per voler essere libero? E improvvisamente mi rendo conto che un motivo dà una direzione. Giusto? E quella direzione comanda la mia libertà. State seguendo? Allora, perché devo avere un motivo? Cos'è un motivo? Un motivo è un movimento, una speranza, o voler ottenere qualcosa. Perciò, il motivo è il mio attaccamento. Mi domando se riuscite a seguire. No, fatelo, signori, mentre ne parliamo. Il motivo è diventato il mio attaccamento, non soltanto riguardo a una donna, un'idea o uno scopo, ma il mio motivo - devo averlo. Perciò continuo a funzionare nell'ambito dell'attaccamento. Vero? La donna, il futuro e il motivo. Sono attaccato a tutto questo. Perciò mi dico: "Mio Dio, è una faccenda terribilmente complessa, non pensavo che essere liberi dall'attaccamento implicasse tutto questo". Giusto?
50:10 Ora lo vedo chiaramente, come vedo le strade su una mappa, vedo i paesi, le strade secondarie e quelle principali - molto chiaramente. Poi mi chiedo: "E' possibile essere libero dal mio motivo - al quale sono attaccato, essere libero dalla donna verso la quale sento grande attaccamento, e anche dalla ricompensa che mi aspetto quando sarò libero? Sono attaccato a tutte queste cose. Perché? Forse perché mi sento insufficiente? Perché mi sento molto solo, e cerco di fuggire da quel senso di grande isolamento, attaccandomi a qualcosa - uomo, donna, idea, motivo? Seguite? Mi attacco a qualcosa. E' perché sono solo? Parliamo di questo. E' perché sono solo? Allora cerco di sfuggire quel senso di grande isolamento, attaccandomi a qualcuno. Giusto? Perciò, ora l'attaccamento non mi interessa più, assolutamente. Mi interessa capire perché mi sento solo, attaccandomi poi a qualcuno. Avete capito? Mi state seguendo nel mio dialogo con me stesso? Cioè, sono solo, e questa solitudine mi costringe a fuggire attaccandomi a questo o a quello. E allora mi dico che finché mi sento solo, la sequenza è questa. Perciò devo indagare perché mi sento solo. Che cosa vuol dire? Giusto? Che significa essere soli? Come accade? E' una cosa istintiva, innata, ereditata? O è la mia attività quotidiana che causa questa solitudine? Capite? Voglio rifletterci sopra, Voglio approfondire, dialogando con me stesso. Oh, per Giove!
53:31 Se fosse una cosa ereditata, o un istinto, cosa di cui dubito, perché io non accetto nulla - capite? - non accetto niente, perché non accetto che sia un istinto per dire: 'Non posso farci nulla'. Se fosse ereditato, farebbe parte di mio... non voglio dare colpe. Non accetto nulla di tutto questo, mi dico. 'Perché c'è questo senso di solitudine?' Me lo domando, e rimango con la domanda senza cercare di trovare una risposta. Mi domando se lo capite. Qualcuno riesce a seguire? Chiedo a me stesso: qual è la radice di questa solitudine? E osservo, non cerco di trovare una risposta intellettuale. Non cerco di definire la solitudine, che cosa dovrebbe essere, o che cos'è. La osservo affinché essa stessa me lo dica. Mi domando se lo capite. Stiamo procedendo insieme?

P: Sì.
55:12 K: C'è un'attenzione affinché la solitudine si riveli. Ma se io scappo, non succederà. Se ho paura, se faccio resistenza. Perciò, la osservo. La osservo in modo che nessun pensiero interferisca perché è molto più importante del pensiero, perché tutta la mia energia è impegnata nell'osservazione di quella solitudine, perciò, il pensiero non interviene per niente. State seguendo? Perché la mente viene sfidata e deve rispondere. E quando si viene sfidati c'è una crisi. E in una crisi, si dispone di tutta l'energia, e quell'energia rimane senza interferenze. Mi chiedo se lo capite! Perché questa è una sfida a cui bisogna rispondere.
56:33 P: Come si fa a trattenere l'energia?
56:41 P: Cosa si può fare di questa energia?
56:43 K: No... Avviene. Avete perso tutto quanto!
56:53 Sentite, ho iniziato facendo un dialogo con me stesso. Chiedendomi cosa sia questa strana cosa chiamata amore. Tutti ne parlano, ne scrivono, poesie romantiche, immagini, e via dicendo, poi c'è il sesso, oh, di tutto! E io mi chiedo: ho questa cosa chiamata amore? Esiste qualcosa come l'amore? Capisco che l'amore non esiste quando c'è gelosia, odio, paura. Così, non mi preoccupo più dell'amore, mi interessa 'ciò che è', cioè la mia paura, l'attaccamento. E perché mi attacco? Una delle ragioni è - una delle ragioni, non dico che sia solo quella - una delle ragioni è che sono solo, disperatamente isolato. Con l'età aumenta l'isolamento. E allora lo osservo. Questa è la sfida, capire, poiché si tratta di una sfida tutta l'energia è lì per rispondere. E' semplice, no? Quando muore qualcuno in famiglia, è una sfida. Se succede una catastrofe o un incidente, o quello che sia, è una sfida e voi avete l'energia per affrontarla. Non vi chiedete dove prendere quell'energia. Se la vostra casa va a fuoco, avete l'energia per agire. Avete un'energia straordinaria. Non vi perdete a dire che dovete avere energia stando a guardare. Altrimenti la vostra casa andrà a fuoco.
59:01 Perciò c'è una grande energia per rispondere alla domanda: perché c'è questo senso di solitudine? Perché ho rifiutato altre idee - seguite? - supposizioni, teorie, su ereditarietà, e istinti. Queste cose non significano nulla per me. E' 'ciò che è'. Allora, perché sono solo? - non io - perché c'è questa solitudine che ogni essere umano, se veramente consapevole, sente, in superficie o nel profondo? E perché? Perché nasce questo sentire? Forse la mente fa qualcosa che la causa? Capite? Se ho scartato teorie, istinto, eredità, ereditarietà, ho rifiutato tutto questo, allora mi chiedo: è la mente che la produce? Capite la mia domanda, signori? State seguendo o siete stanchi?
1:00:24 E' la mente che la crea? Solitudine significa isolamento totale. Giusto? Allora mi domando se sia la mente, il cervello a causarla. La mente, che in parte è il movimento del pensiero, è il pensiero che fa così? State seguendo? Nella vita di tutti i giorni, è il pensiero che crea, che causa questo senso di isolamento? Capite? Cioè, in ufficio mi isolo perché voglio essere il migliore, per diventare dirigente, o il papa, o il vescovo, o il dirigente - sapete! Funziona sempre così, isolandosi. Lo state vedendo? Capite?
1:01:42 P: Sembra che si isoli in base a quanto è affollato.
1:01:47 K: Sì.

P: Come reazione a...
1:01:49 K: Proprio così, esattamente. Parliamone. Quindi vedo che il pensiero, la mente, funziona sempre per rendersi superiore, diventare di più - seguite? - causando questo isolamento, verso questo isolamento. Giusto? E' chiaro?
1:02:21 Allora il problema è: perché il pensiero fa così? E' nella natura del pensiero lavorare per se stesso? Capite cosa intendo? E' nella natura del pensiero creare questo isolamento? La società crea questo isolamento? L'educazione crea questo isolamento? Giusto? L'educazione crea questo isolamento - datemi una certa carriera, una certa specializzazione, ed ecco l'isolamento. Capite? Il pensiero, essendo frammentario, perché l'ho capito - ho capito che il pensiero, che è la risposta del passato come conoscenza, esperienza e memoria, quindi il pensiero è limitato. Va bene? Il pensiero è legato al tempo, perciò fa tutto questo. E allora mi interessa capire perché il pensiero lo fa. E' nella sua stessa natura farlo?
1:03:57 Sono venuto qui per una discussione - aspetti, signore - Sono venuto qui per una discussione, un dialogo. E ora sto dialogando da solo. Purtroppo! Vado avanti perché guardate che cosa mi ha portato qui.
1:04:24 P: E' la quarta volta che cerco di dire qualcosa e lei dice che sta dialogando da solo.
1:04:36 K: Signore, mi sta dicendo - la prego, che lei è in dialogo con me?
1:04:43 P: Avevo qualcosa da dire...
1:04:46 K: Lei sta dialogando con me?
1:04:49 P: Veramente, non lo so ma non lo saprò mai se non mi alzo e dico qualcosa.
1:04:56 K: Abbiamo detto, la prego, abbiamo detto che un dialogo è una conversazione fra due persone. Lei e io stiamo parlando insieme della stessa cosa?
1:05:06 P: Può essere, perché ogni volta che ho qualcosa da dire...
1:05:09 K: Glielo sto chiedendo, signore, chiedo a lei non agli altri, chiedo a lei: c'è un dialogo fra lei e me su questa cosa? Cioè, perché il pensiero crea questo isolamento, se lo fa?
1:05:28 P: Ha a che fare con questo, perché pensavo che si colleghi all'inizio quando lei parlava dell'amore. Sembra che se ci fosse un obbligo di amare a tutti i costi come c'era nella mia famiglia, è solo un'ostentazione, un'ostentazione di amore, e perciò la mente continua a ingannarsi perché nessuno esprime i propri veri sentimenti, le persone mascherano la violenza dietro buone maniere, chiamandole amore. Perciò, quello che c'è dentro è sempre nascosto per cui il pensiero è sempre ingannevole, e crea isolamento perché nessuno sa cosa sentano gli altri perché è tutta una finzione.
1:06:11 K: Abbiamo già parlato di questo. E ora siamo arrivati al punto in cui non fingiamo più. Io non so cosa sia l'amore. Nel dialogo ho detto che non so cos'è l'amore. So che usando la parole 'amore' c'è una certa simulazione, una certa ipocrisia, indossando una specie di maschera. Ne abbiamo parlato. Ne abbiamo parlato all'inizio di questo dialogo. E ora arriviamo al punto: perché il pensiero, che è un frammento, perché causa questo isolamento, se lo fa? Nella mia conversazione con me stesso, ho scoperto che lo fa, perché il pensiero è limitato, è legato al tempo, quindi, qualsiasi cosa faccia, deve essere limitata. E in quella limitatezza ha trovato sicurezza; trova sicurezza dicendo: "Ho fatto una bella carriera nella vita". Trova sicurezza dicendo: "Sono un professore. Adesso sono a posto. Fra sette anni avrò un incarico fisso" - e ci rimanete per il resto della vita. In questo c'è molta sicurezza, sia psicologica sia materiale.
1:07:53 Dunque, il pensiero fa così. Ora, il problema quindi è: può il pensiero rendersi conto - ascoltate vi prego - può il pensiero rendersi conto di essere limitato e, nel momento in cui impara, capisce che qualsiasi cosa faccia è limitata e perciò frammentaria e quindi causa di isolamento, qualunque cosa faccia sarà così. Perciò, può il pensiero - vi prego, sto dialogando, questo è un punto importantissimo - può il pensiero rendersi conto dei propri limiti? O dice a se stesso: "Sono limitato" Capite la differenza? State tutti dormendo? Il pensiero è il 'me' che dice che Il pensiero è limitato, e pertanto dice: "Io sono limitato". O il pensiero stesso si rende conto di essere limitato. Sono due cose completamente diverse. Una è un'imposizione, e quindi un conflitto., mentre quando il pensiero stesso dice "Io sono limitato" non si muoverà da quel limite. Capite? Vi prego, questo è molto importante da capire perché è la vera essenza di questa faccenda. Noi imponiamo al pensiero quello che dovrebbe fare. Il pensiero ha creato il 'noi', il 'me', e il 'me' si è separato dal pensiero e dice: "Sarò io a comandare, a dire al pensiero cosa dovrebbe fare". Ma se il pensiero si rende conto di essere limitato in se stesso, allora non ci sono né resistenza né conflitto. Dice: "Io sono questo. Sono blu".
1:10:25 Perciò, nel mio dialogo con me stesso, mi chiedo: il pensiero si rende conto di questo, in se stesso? O sono io che gli dico che è limitato? Se sono io a dire che è limitato allora mi separo da questo limite. E poi mi sforzo di superare la limitatezza, e perciò si crea conflitto, che è violenza, che non è amore. State seguendo?
1:11:01 Allora, il pensiero stesso si rende conto di essere limitato? Devo cercare di capire, sono di fronte a una sfida. Ora ho molta energia, perché quando sono sfidato mi ritrovo tutta l'energia. La cosciennza - diciamolo in modo diverso - la coscienza si rende conto del proprio contenuto? La coscienza si rende conto di essere il proprio contenuto? Oppure ho sentito qualcuno dire che la coscienza è il proprio contenuto, che il suo contenuto forma la coscienza? Allora dico: "Certo, è così" - seguite? Oppure, questa coscienza, si accorge del proprio contenuto e di conseguenza il contenuto stesso è la totalità della mia coscienza? Giusto? Vedete la differenza fra i due? L'uno è imposto da me, il 'me' creato dal pensiero, se impongo qualcosa sul pensiero, c'è conflitto. Giusto? E' come un governo tirannico che si impone su qualcuno, ma quel governo l'ho creato io!
1:12:45 Allora, ci chiediamo se il pensiero si renda conto della sua piccolezza, della sua meschinità, della sua limitatezza, oppure fa finta di essere qualcosa di straordinario, di nobile? - e cose del genere, sapete - divino? Tutte cose assurde, perché il pensiero è memoria, esperienza, ricordi. Perciò, nel mio dialogo, deve esserci chiarezza su questo punto: che non ci sono influenze esterne imposte sul pensiero che dicono che è limitato. E allora, non essendoci alcuna imposizione - capite? - non c'è conflitto, e quindi si rende conto di essere limitato. Perciò, qualunque cosa faccia: adorare Dio, adorare Gesù, questo adorare è limitato, scadente, meschino, benché abbia creato meravigliose cattedrali in Europa e qui.
1:14:09 Nella mia conversazione con me stesso ho scoperto che la solitudine è creata dal pensiero. E il pensiero ora comprende, da se stesso, di essere limitato, e quindi non può risolvere il problema della solitudine. Capite? Dato che non può risolvere il problema della solitudine, questa esiste? Capite la mia domanda? Il pensiero ha creato questo senso di solitudine. Giusto? E si rende conto di essere limitato, ed essendo limitato, frammentario, diviso, ha creato questo vuoto, questa solitudine, perciò, quando se ne rende conto, la solitudine non esiste. Mi domando se lo capite. Va bene?
1:15:30 E allora c'è libertà dall'attaccamento. Io non ho fatto niente. Capite? Ho osservato l'attaccamento, e tutto quello che implica: avidità, paura, solitudine, ecc. e seguendolo, guardando, osservandolo, senza analizzarlo o esaminarlo, ma soltanto osservando, osservando, osservando scopro che il pensiero ha fatto tutto questo. Va bene? Dato che il pensiero è frammentario, ha creato questo attaccamento. Perciò, quando lo vede, l'attaccamento finisce. Mi domando se lo vedete. Non c'è da fare alcuno sforzo, perché quando c'è sforzo, si è di nuovo da capo. Capite?
1:16:41 Perciò, abbiamo detto: se c'è amore, non c'è attaccamento, se c'è attaccamento, non c'è amore. Quindi, abbiamo rimosso il fattore principale negando ciò che non è, cioè che l'amore non è attaccamento. Sapete che cosa significa nella vostra vita di tutti i giorni? Niente ricordi, mia moglie, la mia ragazza, o quello che mi ha detto il vicino, niente ricordi di offese, nessuna immagine di lei, perché sono attaccato all'immagine, non a lei. Sono attaccato all'immagine che il pensiero ha creato di lei. Lei mi ha offeso, mi ha preso in giro, mi ha dato conforto - ho passato bei momenti, sessualmente, questo, quello, decine di casi diversi, che sono tutti movimento del pensiero, che ha creato l'immagine, e io sono attaccato a quell'immagine. Allora, l'attaccamento è finito.
1:18:06 Ma ci sono altri fattori: paura, piacere, il conforto in quella persona, o in quell'idea. Ora, devo passarci attraverso uno per uno, o tutti insieme? Capite la mia domanda? Devo affrontarli, investigare la paura, come ho fatto con l'attaccamento? Devo indagare il desiderio di conforto? Devo osservare perché cerco consolazione? Forse perché mi sento insufficiente, desidero essere confortato, voglio una sedia comoda, e una donna che mi dia conforto - o un uomo, o quello che sia, un'idea confortevole? Credo sia così per molti di noi. Avere un'idea consolante, sicura, che non possa mai essere scossa, alla quale rimango attaccato fortemente, e così, se qualcuno dice qualcosa contro, io mi arrabbio, divento geloso, agitato, perché sta scuotendo la mia casa. Quindi, dico che non è necessario passare attraverso tutti questi vari elementi, vedo il tutto in un solo sguardo, lo colgo. Capite ora?
1:19:50 Perciò, con la negazione di ciò che non è amore, c'è l'altro. Non devo domandare che cos'è l'amore. Non devo rincorrerlo. Se lo ricerco, non è amore, è una ricompensa. Così, mi ritrovo a indagare, lentamente, con attenzione, senza distorsioni, senza illusioni, nego tutto quello che non è - c'è l'altro.
1:20:28 Ho avuto un buon dialogo con me stesso.
1:20:35 P: Potrei fare una domanda? Forse non ho capito bene. Ha detto che la solitudine è creata dall'esperienza della solitudine?
1:20:48 K: L'ho spiegato, signora. No, non l'ho spiegato, ho avuto un dialogo con me stesso. Se lei ha ascoltato, allora lo ha compreso.
1:20:59 Che ora è?
1:21:02 P: Dieci all'una.
1:21:05 K: Scusate. Basta così, vero?
1:21:08 P: Sì. Grazie molte.

P: Grazie.