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BR77D2 - Perché la mente chiacchiera?
Seconda discussione pubblica
Brockwood Park, UK
1 settembre 1977



0:22 Cosa vogliamo fare stamattina? Non si può parlare con un così grande pubblico, e neppure dialogare, forse possiamo iniziare con domande e risposte, e vedere dove porta. Possiamo fare così?
0:41 Pubblico: Sì.

K: Bene. Non ci sono domande?
0:53 Sì, signore.

P: Quando si è completamente attenti, non c'è pensiero, ma quando c'è pensiero si è disattenti. Potremmo parlare di come avviene questa disattenzione?
1:15 K: Quel signore vorrebbe chiedere, parlare insieme, del fatto che, quando c'è completa attenzione non c'è movimento di pensiero, ma il pensiero sorge quando c'è disattenzione, quando non c'è attenzione. Allora, potremmo approfondire questa questione?
1:47 Altro... ?

P: Potremmo parlare di educazione e responsabilità?
1:53 K: Educazione e responsabilità.
1:58 P: Lei pensa che la libertà incondizionata della mente umana dipenda totalmente dalla fine della sofferenza e uccisione degli animali?
2:08 K: Abbiamo risposto l'altro giorno a questa domanda, signore. Lei sta riproponendo la stessa domanda.
2:17 P: Genitori e figli, per favore.
2:20 K: Educazione e responsabilità - allora, di cosa vogliamo parlare? Quando c'è completa attenzione, una totale - non impegno, non concentrazione - ma completa attenzione, non c'è pensiero. E' così? Inoltre, la domanda diceva che quando c'è disattenzione, quando non c'è attenzione, sorge il pensiero. E' possibile mantenere una totale attenzione tutto il tempo? E' questa la domanda? E poi educazione e responsabilità. Allora, di cosa vogliamo parlare?
3:25 P: Della prima domanda.

K: La prima domanda.
3:29 P: Prima di cominciare, potremmo includere qualcosa riguardo al fiorire della bontà?
3:38 K: Potremmo discutere della natura del fiorire della bontà.
3:51 Forse potremmo includere tutte e tre le domande parlando insieme di cosa è attenzione e di cosa non lo è. Possiamo iniziare da questo? Sarà un dialogo con me stesso, o vi unirete a me, ancora?

P: Sì.
4:16 K: Sapete, mentre parlo con me stesso potrebbe essere molto divertente per voi. Una volta ho visto lavorare a uno scavo per condutture elettriche e ci saranno state otto persone sedute attorno, e due a lavorare. Alcuni fumavano, parlavano, bevevano e si divertivano a guardare quelli che scavavano! Perciò, a me sembra la stessa cosa quando io parlo da solo.
4:57 K: Perciò, rispondendo alla domanda sull'attenzione, e sulla natura del pensiero, che cessa quando c'è completa attenzione, e quando non c'è attenzione, nasce il pensiero. Di questo parleremo, insieme.
5:23 Innanzitutto, chiediamoci se abbiamo pensato alla questione di cos'è la consapevolezza, cosa significhi essere consapevoli, altrimenti non saremo in grado di comprendere totalmente, completamente, l'intero significato dell'attenzione. Perciò, penso che dovremmo parlare, insieme, di cos'è la consapevolezza. Siete d'accordo?

P: Sì.
6:00 K: Non voglio parlare da solo, vi prego!
6:09 P: Come si inserisce il concetto della consapevolezza, in effetti?
6:16 K: Cos'è il concetto della consapevolezza, come nasce, che necessità c'è di consapevolezza? Questo intende?
6:27 P: No. Intendo dire che il concetto di consapevolezza non è consapevolezza, e sembra che se si cerca di essere consapevoli il concetto di consapevolezza lo impedisce.
6:43 K: E' quello che stavamo dicendo.
6:44 P: Penso si debba capire dove interviene il concetto di consapevolezza, perché creiamo concetti sulle cose ... ?
6:52 K: Un momento. Capisco che cosa intende. Cioè, perché formiamo dei concetti? Perché da un'affermazione, che potrebbe essere fattuale, ci formiamo un concetto, un'idea, una conclusione? Potremmo parlare di questo, prima, e poi approfondire?
7:15 Qualcuno afferma qualcosa, che i politici sono in genere corrotti. E voi vi fate un'immagine dei politici, o traete una conclusione, ma non considerate mai la parola e il suo significato senza farne un'astrazione. Capite cosa sto dicendo? Noi facciamo astrazioni della verità, di un fatto, non guardiamo mai al fatto, ma ne facciamo un'astrazione e poi agiamo secondo quell'astrazione. Questo è piuttosto semplice. Allora parliamone. Cos'è il concetto di consapevolezza? Concetto, cioè c'è un'idea di consapevolezza, o siete consapevoli? C'è una differenza. L'idea di essere consapevoli, o esserlo. Approfondiamo un po' di più. La parola 'consapevole' significa essere sensibili, essere vivi, verso le cose intorno: la natura, le persone, i colori, gli alberi, verso l'ambiente, la struttura sociale, verso tutto quanto, essere consapevoli, esternamente, a tutto quello che accade fuori ed essere consapevoli di ciò che accade dentro di noi, essere sensibili, sapere, osservare ciò che accade interiormente e anche esternamente, nell'ambiente, in campo economico, sociale, e così via. Ora, se non si è consapevoli di ciò che accade fuori e si comincia ad essere consapevoli interiormente, allora si diventa un po' nevrotici. Ma, se si comincia ad essere consapevoli di cosa esattamente succede nel mondo, il più possibile, e da quello si passa all'interno, allora c'è equilibrio, e quindi la possibilità di non ingannarsi. Perciò, inizieremo con l'essere consapevoli di cosa accade fuori e poi ci muoveremo, come le onde della marea che avanzano e poi si ritirano, vengono e vanno, c'è un movimento costante, avanti e indietro, e non c'è nessun inganno.
10:36 Perché dobbiamo essere governati? Perché c'è un governo? Perché ci sono differenze sociali? Il povero e il ricco, le varie classi, le differenze razziali, le differenze nazionali, quelle religiose; tutto questo avviene all'esterno - guerre, violenza, e ogni genere di brutalità? Il governo esiste per controllare, per governare, ovviamente. Senza qualche tipo di ordine ci dev'essere disordine, in campo politico, religioso, e così via. Quindi cerchiamo di capire che cosa sono l'ordine e il disordine. Va bene? Possiamo iniziare da questo? Perché è questo che succede. Esternamente, c'è un terribile disordine. Vero? Nessuno può...
11:40 P: Signore, potrebbe chiarire un punto? Lei diceva che bisogna essere consapevoli, innanzitutto, altrimenti ci potrebbe essere inganno con la consapevolezza profonda. Come mai?
11:51 K: Il signore chiede: se non si è consapevoli esternamente di cosa succede, e si inizia ad essere consapevoli interiormente - io dicevo che può esserci possibilità di inganno, di non riuscire a vedere chiaramente ciò che avviene interiormente perché ciò che avviene fuori lo si può osservare, vedere, sentire, conoscere - giusto? E potete giudicarlo. E, interiormente, se sapete cosa accade fuori, e vi rivolgete all'interno, allora avete un metro di paragone. Mi chiedo se...? E' abbastanza semplice, penso. Signori, sentite. Come posso studiare me stesso? Come posso conoscermi? Cioè, 'me stesso' è una struttura molto complessa, un movimento complicato, come posso conoscere me stesso, così da non ingannarmi? Posso conoscermi soltanto nella mia relazione con gli altri. Va bene? Nel mio rapporto con gli altri potrei volermi ritrarre perché non voglio essere ferito. Oppure potrei scoprire di essere molto geloso, di essere dipendente, attaccato, di essere insensibile. Perciò, la relazione diventa lo specchio nel quale ci si può conoscere. E lo stesso vale per l'esterno: l'esterno è il riflesso di me stesso, perché la società, il governo, tutte le cose che abbiamo creato sono create dall'umanità, dagli esseri umani. E' piuttosto ovvio.
14:09 Perciò, cominciando a capire che cos'è la consapevolezza, dobbiamo considerare la questione dell'ordine e del disordine. Giusto? Vediamo che fuori c'è grande disordine, confusione e insicurezza. Vero? Possiamo continuare da qui? Ora, che cosa ha causato questa incertezza, questo disordine fuori di noi? So che fuori c'è questo disordine, chi è responsabile di tutto questo? Siamo noi? Cerchiamo di essere chiari, per favore. Non siate indecisi. Siate chiari sulla nostra responsabilità per il disordine esteriore, o si tratta di un disordine divino, da cui deriverà l'ordine divino? Quindi, se ci sentiamo responsabili per il disordine esterno, significa che è espressione del nostro stesso disordine?
15:30 P: Molti di noi sono confusi, quindi tutta la faccenda è confusa.
15:38 K: Esatto. Ed essendo in genere confusi creiamo confusione - dice il signore. Quindi, ho imparato, ho visto, che questo disordine esterno, è creato dal mio disordine interiore. Perciò, finché gli esseri umani non avranno ordine dentro di sé, ci sarà disordine, sempre. E i governi cercano di controllare il disordine esternamente. La forma estrema è il totalitarismo, in cui marxismo, leninismo, maoismo, dicono di sapere cosa sia l'ordine, e voi non lo sapete, e pretendono di dirvelo. Giusto? E allora vi eliminano, o vi rinchiudono in campi di concentramento, in ospedali psichiatrici, e tutto quel che segue.
16:37 Perciò, se il mondo è in disordine perché noi siamo in disordine, ciascuno di noi, allora, siamo consapevoli del nostro disordine? Oppure si tratta solo di un concetto? Capite? Mi chiedo se ...
17:02 P: Oh, sì.

P: Sì, è vero.
17:06 K: Siamo coscienti di essere in disordine? Oppure qualcuno ci ha suggerito l'idea che siamo in disordine, e noi l'accettiamo? L'accettazione di un'idea è un'astrazione, un'astrazione di 'ciò che è'. L'astrazione è un allontanamento da 'ciò che è' e molti di noi vivono nelle idee, allontanandosi dai fatti. Allora, che cosa stiamo facendo ora? Stiamo accettando un concetto del disordine, o siamo consapevoli di essere in disordine? Capite la differenza fra i due? E' chiaro. Ora, quale delle due? Siamo consapevoli del disordine dentro di noi perché qualcuno ce lo ha detto? Ma, senza che qualcuno ce lo dica, e senza avere un concetto di ordine, possiamo diventarne consapevoli da noi stessi? Me lo domando. E' semplice. Possiamo continuare da qui?
18:31 Allora, sono cosciente del mio disordine?
18:40 P: Ne siamo coscienti, ma ne abbiamo paura, fino al punto di pensare al suicidio...
18:48 K: Sì, ci arriveremo fra un minuto. Ci arriviamo piano. Non... Procediamo lentamente, se non vi dispiace, passo dopo passo. senza saltare a conclusioni. Siamo consapevoli, io e voi, che dentro di noi siamo in disordine? Quello è disordine!
19:24 P: Signore, penso che ci sarebbe ordine se quella ragazza stesse tranquilla con sua madre.
19:28 K: Sì, cosa...? Non ne sono responsabile io.
19:32 P: D'accordo.
19:37 K: Quindi, siamo coscienti del disordine dentro di noi? E cosa intendiamo per disordine? Non che cos'è l'ordine, ma che cosa intendiamo per disordine? Avanti, signori!
20:01 P: Posso fare una domanda su questo? E' così difficile, possiamo solo essere coscienti del disordine in questo particolare momento che il pensiero viene e va. Posso chiederle di spiegare quanto sia difficile, ogni momento, essere davvero consapevoli di sé?
20:23 K: Sì, signore. Essere veramente consapevoli in ogni momento di questo disordine. Ecco perché - se siamo seri, se parliamo seriamente insieme - ci chiediamo a vicenda che cosa significa essere in disordine.
20:46 P: Essere in contraddizione con noi stessi, dentro di noi.
20:51 K: Sì, questo significa contraddizione. Perché siamo in contraddizione?
21:00 P: Perché pensiamo a 'ciò che dovrebbe essere'.
21:03 K: Guardate dentro di voi. Vi prego, guardatevi. Osservatelo.
21:10 P: Metà di me pensa una cosa, e l'altra ne pensa una diversa.
21:20 K: Perciò c'è contraddizione, pensate una cosa e ne fate un'altra. Dite una cosa e fate qualcos'altro, e così via. C'è contraddizione: desideri contrari, esigenze opposte, movimenti contrari in tutti noi - dualità. Vero? E' chiaro? Possiamo continuare? Questa dualità, come nasce questa dualità? Sto dialogando con me stesso.
22:03 P: Dal nostro condizionamento, forse.
22:07 K: Sì. E' il mio condizionamento? Il nostro condizionamento?
22:14 P: Dall'insoddisfazione.

K: Signore, guardi...
22:16 P: E' una lotta fra il sé interiore e ciò che siamo condizionati ad accettare.
22:20 K: Quindi, siamo stati condizionati ad accettare e non accettare, a obbedire e non obbedire, a seguire e all'esigenza di essere indipendenti. C'è questo continuo agire dualistico, condizionato o non condizionato che sia. Allora ci chiediamo: da dove nasce questa dualità?
22:58 P: Paragoniamo 'ciò che è' a 'ciò che dovrebbe essere'.
23:02 K: Lo sta facendo? O si tratta di un'idea?
23:07 P: Lo sto facendo.

K: Bene. Non sto facendo del sarcasmo, signore. Stiamo parlando di cose reali, non teoriche, non per astrazioni, o per ipotesi, abbiamo a che fare con i fatti. Possiamo andare molto lontano se trattiamo con i fatti, ma se ci muoviamo per astrazioni, siamo perduti.
23:29 Quindi, ci chiediamo: perché nasce questa contraddizione? Lo so: l'educazione, la cultura, e tutto il resto, ma andiamo oltre, molto più in profondità. Perché nasce questa contraddizione, fra paradiso e inferno, Dio e il demonio - seguite? - tutta questa struttura sociale e morale?
23:58 P: Fin da piccoli cresciamo con l'idea di essere premiati se siamo buoni, e puniti se siamo cattivi.
24:07 K: Sì, premio e punizione.
24:09 P: E quindi si agisce dalla paura.
24:13 P: Io sto domandando - questo lo sappiamo - noi stiamo domandando qualcosa di molto più essenziale. Perché esiste questa contraddizione, questa divisione, in sostanza? Pensate bene, più a fondo... C'è coinvolta la paura, ma ancora di più.
24:43 P: La vita cerca di bilanciare continuamente queste cose?
24:47 P: E' per una mancanza di consapevolezza dall'esterno?
24:54 P: Signore, noi ci definiamo esseri umani ma ci sono moltissimi istinti animali in noi.
24:59 K: Sì, gli istinti animali si basano su premio e punizione - ma soltanto per quelli addomesticati, credo siano condizionati in base a premio e punizione. Ma mi hanno detto che di solito gli animali selvatici non hanno questo condizionamento, uccidono per mangiare, e basta, non ci sono premi e punizioni. Ma lasciamo stare per il momento. Vorrei che voi...
25:29 Devo parlare da solo?
25:31 P: No!

K: No! No!
25:37 K: No, ma non state seguendo quello che vi chiedo. Vi prego, rifletteteci. In sostanza, perché esiste questa contraddizione?
25:52 P: E' il pensiero?
25:54 K: Non tiri a indovinare. Riflettiamoci.
25:58 P: Penso che sia per prova ed errore.
26:02 K: Prova ed errore - no, no.
26:08 P: E' una domanda a cui si può veramente rispondere?
26:14 K: Io risponderò. Non è presunzione. Ho indagato queste cose, signore - ho parlato per cinquantadue anni di questi dannati argomenti!
26:33 P: Signore, non è innato nella coscienza umana condizionata?
26:38 K: E' innato nella coscienza umana? Se fosse innato, intrinseco, non potremmo farci nulla.
26:53 P: Ho detto 'condizionata'.
26:54 K: Ah, condizionamento connaturato. Potrebbe essere. Voglio rifletterci.
27:00 P: Forse perché, in un certo senso, l'opposto contiene armonia, e si cade nella disarmonia perché ci inganniamo.
27:12 K: Ci inganniamo.
27:14 P: Perché voglio due cose.
27:18 K: Uomo, donna, luce e ombra, coraggio e codardia - sapete, ce ne sono un'infinità, Ma perché questo continuo dualismo in noi? Possiamo spiegarlo con il condizionamento, l'istinto, l'ereditarietà, quello che ci hanno insegnato, e così via.
27:44 P: Perché funzioniamo sempre in modo egocentrico.
27:48 K: Sì, agiamo in modo egocentrico, e quindi c'è divisione. E io vi chiedo: perché esiste questa divisione? Non ve lo chiedo più. Continuate voi.
28:02 P: C'è un'urgenza, e noi non l'ascoltiamo.
28:06 P: Cerchiamo di essere ciò che non siamo.
28:09 K: Non volete scoprirlo?
28:15 P: Penso ci sia parecchia influenza da molti gruppi di persone.
28:26 P: Siamo forse troppo pronti con risposte intellettuali?
28:29 K: Esattamente, Soltanto risposte verbali, troppo veloci. Se non vi dispiace, pensateci seriamente e scoprite. Perché c'è questo dualismo: 'ciò che è' e 'ciò che dovrebbe essere'? Giusto? L'ideale e il fatto - questo può bastare. 'Ciò che è' e 'ciò che dovrebbe essere'. Esaminiamolo. Vediamo un po'. E perché c'è questa divisione fra 'ciò che è' e 'ciò che dovrebbe essere'? L'ideale e...
29:10 P: Si fugge dal fatto.
29:16 P: Perché pensiamo di sapere cosa dovrebbe essere.
29:21 K: Io sto chiedendo, cara signora, perché c'è questa divisione?
29:27 P: Perché vogliamo impressionare gli altri.
29:29 K: Ci rinuncio. Vedete che mi fate parlare da solo - cosa che non voglio fare. Sto ponendo una domanda molto semplice.
29:46 P: Penso sia perché talvolta, quello che va bene a me non va bene a te, e viceversa.
29:58 K: Chiedo a me stesso, e quindi a voi, perché c'è questa divisione fra 'ciò che è' e 'ciò che dovrebbe essere'?
30:10 P: Noi non ascoltiamo.
30:14 P: Se vivo completamente nel presente, nell'ora, senza quei pensieri, non ho pensieri, sono totalmente cosciente.
30:21 K: No, per favore, non state rispondendo alla mia domanda.
30:26 P: Quando me lo chiedo, dico che è perché non mi piace molto 'ciò che è'.
30:31 K: Allora, partiamo da qui. Non mi piace 'ciò che è' e vorrei 'ciò che dovrebbe essere'. Il piacere di 'ciò che dovrebbe essere' è maggiore di 'ciò che è'. Vero? Prendiamo questa cosa semplice, partiamo da qui. Cioè, non ho speranza in questa vita, ma spero nel dopo, in una prossima vita, ecc. Quindi, qual è il processo di questa divisione?
31:27 P: Certamente l'evoluzione della coscienza, dell'immaginazione, è in continuo movimento, non è mai soddisfatta.
31:36 K: E' che non siamo capaci di quardare 'ciò che è'? Vorremmo piuttosto fuggire da 'ciò che è' a 'ciò che dovrebbe essere', sperando forse, per miracolo, con lo sforzo di volontà, di cambiare 'ciò che è' in 'ciò che dovrebbe essere'? Prendiamo questo semplice fatto e partiamo da lì. Cioè, sono arrabbiato e non dovrei esserlo. Se sapessi cosa fare con la collera, come affrontarla e andare oltre, non ci sarebbe bisogno di 'ciò che dovrebbe essere', cioè di 'non essere arrabbiato'. Capite la mia domanda? Se potete dirmi cosa fare con 'ciò che è', non fuggirò in 'ciò che dovrebbe essere'. Poiché non so cosa fare con 'ciò che è', spero che, inventando un ideale, io possa con quell'ideale cambiare 'ciò che è'. E' questo che succede. No? Vogliamo partire da qui?
33:08 P: Se rimaniamo con 'ciò che è', c'è veramente qualcosa da fare?
33:14 K: Ci sto arrivando, signore. Prima vediamolo. Dato che non sono in grado, non so cosa fare, il mio cervello è talmente condizionato che vivo sempre nel futuro - 'ciò che dovrebbe essere'. Ma in sostanza sto vivendo nel passato. Ma spero, vivendo nel futuro, di poter alterare il presente. Giusto? Ora, se voi poteste dirmi che cosa devo fare con 'ciò che è', allora il futuro non mi interesserebbe. Giusto? Mi chiedo se lo capite.
34:01 P: Sì.
34:04 K: Non si tratta di accettare 'ciò che è', ma di rimanere con 'ciò che è'. Va bene?
34:13 P: Qui c'è molto di più di quello che sta dicendo, perché io vengo negato, rimanendo lì, il 'me' viene negato.
34:22 K: Non voglio parlare del 'me', per ora. E' molto complicato, partiamo dal semplice. Cioè, io sono avido, questo è un fatto. L'astrazione del fatto è 'non-avidità'. Il che significa allontanarsi da 'ciò che è'. Allontanandomi spero di comprendere 'ciò che è'. Ora, posso capire qualcosa soltanto se posso guardare 'ciò che è' senza scappare via, senza cercare di cambiarlo in qualcos'altro. Allora, con il vostro aiuto, posso rimanere, guardare, osservare, vedere, 'ciò che è'? Nient'altro! Capite la mia domanda? Avete capito la mia domanda? Vi prego, insegnatemelo.
35:31 P: Il problema è che non vogliamo 'ciò che è'.
35:34 K: E allora scappate.

P: E' quello che facciamo.
35:37 K: Fatelo! Ma sappiate che state fuggendo.
35:40 P: Ma questo non cambia le cose.
35:43 K: Sappiate che state fuggendo. Quindi, non risolvete nulla.
35:47 P: Esattamente.
35:49 K: Ma siate consci che state fuggendo, che state scappando, evitando qualcosa.
35:56 P: Il punto è che le parole intervengono non appena cerchiamo di vedere 'ciò che è', ma non lo facciamo. Vedo che sono geloso - almeno non lo vedo ancora ma il sentimento c'è, e poi arriva la parola 'gelosia'.
36:24 K: Qualcuno può dire a quel signore di suonare il flauto un po' più lontano? C'è un mucchio di spazio! Perciò, aiutatemi a capire come affrontare 'ciò che è' - e il mio problema è risolto. Capite? Non dovrò lottare contro la dualità, non esisterebbe. Perciò, per favore insegnatemelo, aiutatemi a capire e andare oltre, non a rimanerci - andare oltre 'ciò che è'.
37:05 P: Il conflitto fra 'ciò che è' e 'ciò che dovrebbe essere' fa parte di 'ciò che è'.
37:12 K: No, la prego. Per amor... Sì, in un certo senso lo è, ma, per favore. Oh!
37:21 P: Voglio imparare qualcosa sulla mia avidità, e per imparare qualsiasi cosa bisogna essere attenti.
37:28 K: E' lì che voglio arrivare. Lentamente, signore, lentamente. Piano, piano. Per favore aiutatemi a capire 'ciò che è'. Come devo guardare 'ciò che è'? Va bene? Se so come guardarlo, poi posso cominciare a svelarlo, e poi è finito. Giusto? Ora, vi prego, aiutatemi a imparare l'arte di osservare 'ciò che è'.
38:08 P: Guardando senza pensiero.
38:10 K: Oh...! Come posso guardarlo senza pensiero? Non lo so.

P: Essendo consapevoli.
38:22 K: Vedete, non lo state facendo. Fatelo! Allora non rispondereste così in fretta.
38:32 P: Guardare 'ciò che è' è molto, molto difficile.
38:35 K: Ho detto: cos'è l'arte di guardare? Vi prego, se prestate attenzione per cinque minuti, due minuti, a questa cosa meravigliosa, imparerete qualcosa. Cos'è l'arte di osservare?
38:55 P: Prima bisogna accettare.
38:57 K: No, signore. Non è accettazione, solo osservare.
39:03 P: Osservare i propri pensieri.
39:06 K: Oh, no. Vi sto chiedendo ... ci rinuncio! E' meglio che parli da solo. Voglio guardare 'ciò che è'. Deve esserci coinvolta un mucchio di roba. Vero? Perché ho guardato. So di essere avido, ma non succede nulla. L'avidità è un sentimento e io ho guardato quel sentimento chiamato 'avidità'. La parola non è la cosa. Ma forse confondiamo la parola con la cosa. Non è un discorso intellettuale, è molto semplice. Potrei essere preso nelle parole, ma non nel fatto. Il fatto è che sono avido. La parola - è molto complicato, ecco perché dovreste andarci molto in profondità - la parola potrebbe incitare il sentimento. Può la mente essere libera dalla parola e osservare? Capite quello che dico? Perciò, innanzitutto devo capire se la parola è diventata importante per me, nella mia vita. Sono schiavo delle parole, sapendo che la parola non è la cosa? Quindi, la parola diventa importante quando il fatto non è reale, non effettivo per noi. Sono portato a guardare la foto di una montagna invece di andare a guardare una montagna. Vero? Per guardare una montagna devo andare lontano, arrampicarmi, guardare, osservare, percepire. Ma guardare un'immagine della montagna - è una foto, un simbolo, non è la realtà. Allora, siamo prigionieri delle parole? Se siete presi dalle parole, allora vi allontanate dal fatto. Allora, è la parola che crea il senso di avidità, o c'è l'avidità senza la parola? Esaminare richiede un'enorme disciplina, non sopprimere, l'indagine stessa e la ricerca in quell'indagine ha la propria disciplina. Allora, devo scoprire, molto attentamente, se la parola ha creato il sentimento, o se questo esista senza la parola. La parola è 'avidità', la chiamo così. La nomino perché ho già vissuto quel sentimento. E allora registro il sentimento attuale secondo un episodio passato dello stesso tipo. Quindi, il presente viene assorbito nel passato. Vi interessa tutto questo?
43:10 Così, mi rendo conto di cosa sto facendo. Sono conscio di ciò che avviene. Cioè che la parola è diventata enormemente importante per me. Per cui c'è libertà dalla parola - comunista, socialista, ecc. ecc. avidità, invidia, nazionalità, ecc. - c'è libertà dalla parola? La parola è il passato. Giusto? Il sentimento è il presente, riconosciuto dalla parola come passato, quindi vivo continuamente nel passato. Il passato è 'me', il passato è tempo, quindi il tempo è 'me'. Guardate che cosa sto scoprendo - avanti! Il tempo è 'me'. E il 'me' dice che non devo essere arrabbiato perché il condizionamento mi dice: non arrabbiarti, non essere avido. Il passato dice al presente che cosa dovrebbe fare. E allora c'è una contraddizione. Perciò, cerco di capire perché c'è contraddizione. C'è contraddizione perché, sostanzialmente, nel profondo, il passato comanda il presente, ciò che dovrebbe fare. Cioè, il 'me', che è il passato, con tutti i suoi ricordi, le esperienze, la conoscenza, e la cosa che ha costruito con il pensiero - il 'me' - che è il passato, che è tempo, il passato detta ciò che dovrebbe accadere.
45:25 Ora, posso osservare il fatto - vi prego ascoltate - il fatto dell'avidità senza il passato? Può esserci osservazione dell'avidità senza nominarla? Senza lasciarsi prendere dalla parola e capire se la parola ha creato il sentimento, e, se la parola ha creato il sentimento, allora la parola è il 'me' che è il passato, e quindi il 'me' dice: 'Non essere avido'. Perciò mi domando se sia possibile guardare a 'ciò che è' senza il 'me', che è l'osservatore. Giusto? Posso osservare l'avidità, il sentimento e il suo soddisfacimento e azione, senza l'osservatore, che è il passato? Avete capito? Non dite: 'Come si fa?' Lo farete mentre impariamo, andando avanti, è come imparare a guidare. Non potete dire che guiderete, imparate, giorno dopo giorno, guardando, guardando, guardando. Oppure, in un solo momento potete imparare tutto, ma è molto più difficile. Non parlerò di questo.
46:58 Stiamo facendo ora quello che è stato detto? Cioè, 'ciò che è' può essere osservato soltanto quando non c'è il 'me'. Va bene? Potete osservare senza l'osservatore? Avanti, signori.
47:26 P: Per me è possibile soltanto se lo guardo senza volerlo alterare.
47:38 K: Ve lo dirò fra un minuto. Aspetti. Vi sto chiedendo; come osservate?
47:44 P: Sentendolo.
47:45 K: No, osservare. Osservate la tenda, i colori intorno, le camicie e gli abiti intorno a voi - come li osservate? Cos'è l'osservazione? Osservate con gli occhi, no? Ora, potete osservare senza muovere gli occhi? Perché, se muovete gli occhi interviene tutto il movimento del cervello. Non voglio parlarne, perché lo trasformereste in qualche assurdità di tipo mistico, di misterioso, di occulto, e cose del genere. Vi prego, c'è qualcosa di misterioso nel mondo, ci sono cose nascoste, che voi non potete assolutamente trovare, a meno che non abbiate gettato le fondamenta della rettitudine - vivere correttamente, onestamente, senza conflitto, allora avete ogni tipo di potere. Ma, se partite cercando poteri di vario genere, siete perduti, diventate dei nevrotici.
49:07 Allora, potete osservare, come fate con gli occhi, potete guardare senza distorsioni? Quando c'è distorsione, il cervello sta lavorando. Perbacco, quante cose ci sono qui! Voi non lo vedete. Capite? Ora, guardate qualcosa senza muovere gli occhi. Come diventa tranquillo il cervello. Lo avete notato? Quando guardate tutto attorno, si porta dentro tutto - non voglio parlarne. Comunque, come osservate tutto questo? Voi osservate non soltanto con gli occhi ma con tutta la vostra cura, se siete interessati osservate con cura. Ovvero, osservate con affetto - cura significa affetto. Giusto? No?

P: Sì.
50:18 K: Quindi, c'è un'osservazione del fatto, non dell'idea, ma del fatto, con cura, con affetto? C'è un'osservazione della violenza fatta con cura e affetto? Quindi, non c'è - capite? Ah, voi non lo vedete. E' così semplice, una volta che lo afferrate! Attenzione implica cura - iniziamo con la consapevolezza - consapevolezza implica cura, affetto. Perciò, affrontate 'ciò che è' con cura, con affetto. E dove c'è affetto, non c'è giudizio. Giusto? Non c'è condanna, perciò siete liberi dall'opposto. Mi domando se lo capite.
51:36 P: Perciò dobbiamo amare, profondamente.
51:39 K: Ah, non è che 'dobbiamo amare'. Non è un atto di volontà. Se deve esserci comprensione di 'ciò che è', e 'ciò che è' potrebbe essere violenza, avidità, brutalità, crudeltà, oppure affetto o gioia - consapevolezza implica grande cura nell'osservare. Quando c'è un bambino, - la madre se ne cura moltissimo, con affetto, si alza alle due, alle tre, o alla quattro di notte mezza dozzina di volte, attenta, attenta, attenta. E, allo stesso modo, dove c'è consapevolezza, c'è cura, c'è affetto. Può esserci osservazione, consapevolezza della violenza con cura, osservarla con grande cura? Vedere tutto quello che fa, che cosa comporta, come influisce sull'umanità - seguite? - tutto quanto, cosa accade nel mondo, cosa accade dentro di noi, osservarla con infinita cura e affetto. Allora non c'è dualità. La madre non dice che il suo bambino non è bello come quell'altro, è il suo bambino! Più avanti potrebbe dirlo.
53:29 Quindi, consapevolezza implica osservare il fatto, non l'idea del fatto, ma il fatto di 'ciò che è'. E, in quella consapevolezza, c'è infinita cura, attenzione, affetto - sapete. Allora non c'è dualità. La dualità esiste perché non sappiamo cosa fare con 'ciò che è'. Ora, quando so cosa fare con ciò che è, la dualità non esiste. Quando so, per esempio, di essere avido, ci rifletto molto attentamente. E' la parola che ha incitato il sentimento? O il sentimento esiste senza la parola? Devo scoprire questo, innanzitutto. Cioè, vedo una camicia, la stoffa di una camicia, e c'è una percezione, il contatto, la sensazione, il desiderio di averla, con un bel taglio, indossarla - seguite? - e parte l'immagine. Questa è avidità. Ora, c'è avidità senza l'oggetto? Oh, voi non sapete queste cose.
55:10 P: Posso fare una domanda sulla violenza? (inudibile)
55:48 K: Non capisco cosa dice, signore. Non la sento. Se qualcuno ha sentito lo ripeta e io lo ripeterò ancora, per vedere se abbiamo capito bene la domanda.
56:01 P: Forse quando si osserva la violenza c'è una reazione immediata, e si diventa noi stessi violenti.
56:07 K: Sì. Quindi, quando osservate la violenza c'è una reazione immediata, e la reazione potrebbe essere un'altra forma di violenza. Ora, guardate! Cioè, voi mi dite qualcosa che non mi piace e io mi arrabbio. E' una questione straordinaria, se ci pensate. Cioè, non registrare quello che avete detto, sia come complimento, sia come insulto. Se non registrate, non c'è alcuna reazione. Seguite? Questo richiede una disciplina di tipo completamento diverso, osservarsi così completamente, in modo da registrare soltanto - come abbiamo detto l'altro giorno - ciò che è assolutamente essenziale, ma niente psicologicamente. Comprenderlo, approfondirlo, osservarlo, è la sua stessa disciplina - capite? Non è imposta. E' lì e dice: 'Guarda, guarda attentamente, non ti muovere' - seguite? - questo è... Bene.
57:30 Abbiamo detto che la dualità esiste in tutti noi, c'è contraddizione in varie forme perché non sappiamo che genere di azione dovrebbe esserci con 'ciò che è'. Se lo so, non c'è dualità. Sapete, in India e dovunque nel mondo, si predica la nonviolenza, specialmente in India, è partita da lì, probabilmente con Tolstoy e molto prima. E le persone che parlano troppo di nonviolenza, sono molto violente, questo è un fatto. Cercano di reprimerla, di gestirla, di controllarla, ma ne parlano. Ma se capite davvero la violenza, nel suo insieme, la parola, ecc. ecc., allora non c'è affatto alcun opposto. Questa è consapevolezza. Capite? Ho osservato il mondo violento, e vedo che la violenza, questa confusione esiste perché io vi contribuisco, ne sono responsabile. Per eliminare la violenza devo comprendere l'intera natura della violenza - rabbia, imitazione, conformismo, accettazione dell'autorità, e via dicendo. Giusto?
59:21 Ora, quando c'è consapevolezza, potete rivolgervi verso qualcos'altro, cioè, qual è la differenza fra consapevolezza e concentrazione? A scuola si impara a concentrarsi. Vorrei guardare dalla finestra, ma l'insegnante dice di guardare il libro, e quindi c'è subito contraddizione. Io voglio vedere cosa succede fuori dalla finestra, e l'insegnante mi dice di guardare il libro - perciò c'è conflitto. Se fossi un buon insegnante direi: "Prima di tutto, guarda che succede là fuori, guarda con tutta la tua attenzione". Capite? "Guarda bene quell'albero, l'uccello sul ramo, la foglia che si muove nel vento". Così lo studente impara l'attenzione - capite? impara la consapevolezza, e così via.
1:00:30 Perciò, bisogna imparare per conto proprio cos'è la consapevolezza, cos'è ls concentrazione e cos'è l'attenzione. Abbiamo già parlato dell'attenzione, e se la si possa mantenere, sostenere continuamente. Oppure, se c'è disattenzione non c'è attenzione? Questo è un problema. L'altro è: che cos'è la concentrazione? Perché diamo tanta importanza alla concentrazione? Avanti, signori, non voglio dialogare da solo.
1:01:22 P: Concentrazione è disattenzione.
1:01:25 K: No, no, non parli di disattenzione. Dobbiamo imparare a questo proposito. Cos'è la concentrazione? Perché tutti voi, che meditate sotto un albero o in camera vostra, cercate di concentrarvi? Non è così?
1:01:50 P: Per raggiungere qualcosa.
1:01:54 K: Signore, stiamo parlando della stessa cosa? Sta parlando della concentrazione?
1:02:06 P: Concentrandosi si ottiene qualcosa.
1:02:11 K: Vi chiedo: che cos'è la concentrazione? Perché diamo tanta importanza alla concentrazione?
1:02:17 P: Per sopprimere la mente ciarliera.
1:02:37 K: Per sopprimere la mente che chiacchiera. Vedete cosa... ? Questo significa conflitto, no? La vostra mente chiacchiera e voi la reprimete, e quindi c'è dualismo, c'è conflitto, sforzo. Ma non vi chiedete mai: "Perché la mia mente chiacchiera?" Non come fermarla. Perché la vostra mente chiacchiera? Oh, è tutto così puerile! Perché la mente chiacchiera? E' per abitudine? Per pigrizia? Per comodità? Avanti, pensateci signori. E' per pigrizia che la mente ha preso questa abitudine e allora continua a chiacchierare, chiacchierare, chiacchierare? E' il vostro condizionamento? E' forse che ha paura, nel profondo, di cosa potrebbe succedere se non chiacchierasse? Capite? Cioè, per la maggior parte le nostre menti sono occupate, in cucina, in ufficio, in famiglia, sia a letto sia in cucina, la mente è sempre occupata con qualcosa - perché? Signori, è tutto così...
1:04:32 P: Importa veramente se la mente chiacchiera?
1:04:37 K: Oh certamente! Aspetti, aspetti. Le dirò perché importa, se non le dispiace ascoltare per un minuto. Importa moltissimo perché è uno spreco di energia. E' un po' come camminare senza posa. Per favore, rispondete a questa domanda: perché la mente è occupata con qualcosa? Prima di tutto, osservatevi. Per favore, non rispondete subito, altrimenti diventa verbale e senza senso, ma chiedetevi: perché la mia mente è occupata? Perché la vostra mente è occupata?
1:05:18 P: Perché non è libera.

K: No, no. Ha forse paura che, se non fosse occupata, chissà cosa succederebbe?
1:05:29 P: Se non fosse occupata non esisterebbe.
1:05:31 K: Aspetti, aspetti, è proprio così. Perché non esisterebbe? E allora dice: "Io esisto perché sto chiacchierando" ? Oh, voi non lo capite!
1:05:44 P: L'ha detto anche Descartes.
1:05:47 K: Quindi vi chiedo: perché la vostra mente è occupata? Se non fosse occupata, sarebbe vuota, non è vero? E voi avete paura di questo, no? Così la paura vi impone di essere occupati con qualcosa, in modo da sfuggire la paura - e chiacchiera, chiacchiera - è così?

P: Sì.
1:06:19 P: Per evitare ciò che non si può controllare.
1:06:21 K: Per evitare. Allora, la vostra mente è occupata e una mente impegnata - sapete com'è quando la mente è occupata: è inutile. Vero? Non è così? Potrebbe pensare a Dio ripetendo 'Dio, Dio' o qualunque altra cosa, leggere libri su Dio, senza guardare nient'altro - è una mente inutile e senza senso. Una mente occupata non soltanto è inutile ma non ha vitalità. Giusto? E non ha - ma non voglio parlare di questo, è troppo difficile. Vedete, abbiamo troppa paura di essere vuoti. Capite? Di essere nulla. L'occupazione implica una mente che spreca la sua energia. E per evitare questo chiacchiericcio vi concentrate su qualcosa. Per non chiacchierare vi concentrate su un quadro, su una poesia, su un viso, e guardate. Ma non state guardando, perché la mente è occupata. Va bene? Mentre, per guardare non ci dev'essere altra occupazione.
1:08:02 P: Sì, sì, è vero.
1:08:05 K: Il che significa che guardate senza concentrarvi. La concentrazione diventa un'occupazione - devo concentrarmi. Non devo permettere che intervengano pensieri, ecc. ecc. Perciò, vi costruite un muro intorno per potervi concentrare, che diventa un conflitto. Mi chiedo se... Giusto?

P: Sì, sì.
1:08:31 K: Allora, abbiamo parlato della consapevolezza. Della concentrazione possiamo parlare più a fondo ma non abbiamo tempo, vi sono coinvolte parecchie cose, perché, sapete, quando vi concentrate attribuite molta importanza al sé, inconsciamente. Posso concentrarmi in ufficio, in fabbrica, in giardino o quello che sia, quella concentrazione è molto importante per me. Non l'avete notato? Perché quella concentrazione mi farà guadagnare qualcosa - un premio. Questa è la questione della concentrazione. L'attenzione è completamente diversa dalla consapevolezza, nella quale non c'è scelta, la concentrazione è focalizzare tutta l'energia su una certa cosa, per diventare uno specialista - specialista come giardiniere, professore, o quello che volete, dando un'enorme importanza a se stessi. Ora, abbiamo detto che l'attenzione non ha nulla a che fare con entrambe, perché nell'attenzione non c'è un centro da cui osservate. Siete attenti. Giusto? Non avete mai... Ora, ascoltate. Sto per dirvi qualcosa, prestate tutta la vostra attenzione, attenzione, i vostri nervi, il corpo, tutto quanto, ascoltate con una tale enorme attenzione e vedrete che non c'è alcun centro in quanto 'me' che ascolta. State solo ascoltando. Perciò, dove c'è attenzione, non c'è alcun 'me'. Ovviamente. Non c'è centro e quindi non c'è periferia, non c'è distanza dal centro a una fine, c'è soltanto uno spazio in cui c'è completa attenzione, senza confini. Allora, cos'è la non attenzione? Giusto? Perché molti di noi sono attenti, seriamente, per un paio di secondi e poi, vedendo che cosa fa, vogliamo mantenerla, pratichiamo l'attenzione, andiamo in scuole in cui si impara ad essere attenti, o seguiamo qualche guru che ci dice come essere attenti, praticandolo per tutta la vita, il che è del tutto assurdo.
1:11:58 Essere attenti - significa dare tutta la vostra attenzione, attenzione completa nell'osservazione, che significa tenere gli occhi assolutamente fermi e guardare. Lo farete, qualcuno lo farà, o sto parlando invano, come al solito?
1:12:27 P: No.
1:12:29 K: Guardate, signori, quello di cui parliamo è molto importante perché la responsabilità allora diventa di enorme importanza, la relazione. Quella signora chiedeva cosa è la relazione fra educazione e responsabilità. Se ho un figlio ne sono responsabile, purtroppo, e come devo educarlo? Diventa un problema enorme. Lo manderò in una comune scuola, dove diventerà come il resto del mondo? Seguite? E via dicendo. Qual è la vostra responsabilità come madre, padre, genitore? Qual è la vostra responsabilità? Voi ne siete enormemente responsabili quando ha due o tre anni, vegliate su di lui, siete attenti, lo vestite con cura... E dopo cinque o sei anni, lo mandate a scuola e ve ne lavate le mani. Questo non è un incontro sull'educazione - ne parleremo un'altra volta.
1:13:56 Il conflitto finisce comprendendo 'ciò che è'. Giusto? Capite, ora? Se ho imparato molte cose su 'ciò che è', non c'è necessità dell'opposto. Va bene?
1:14:20 Può bastare per stamattina? Che ora è?
1:14:24 P: Una meno un quarto.
1:14:27 K: Un quarto all'una,. Benissimo. Posso andare ora? Basta così.
1:14:31 P: Grazie.