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BR77T3 - Cosa c'è alla radice stessa del dolore?
Terzo discorso pubblico
Brockwood Park, UK
3 settembre 1977



0:18 Possiamo continuare da dove eravamo rimasti domenica? Vi ricordo ancora, se posso, che questo non è un intrattenimento, o una faccenda intellettuale, ma ci occupiamo dell'esistenza umana nel suo complesso. Se un essere umano possa mai essere libero dai suoi problemi, con i suoi sforzi, le preoccupazioni, la violenza e la brutalità, e se ci sia una fine del dolore. Ecco di cosa parleremo insieme stamattina, se c’è una fine del dolore, e della complessa questione di cosa sia la morte. Perché abbiamo già trattato, o approfondito molto, il problema della paura, del piacere, e bisogna anche scoprire cos'è l'amore. E prima di addentrarci nella questione della sofferenza, credo dovremmo riflettere insieme su questo problema - riflettere nel senso che noi, tutti insieme, dobbiamo essere liberi da pregiudizi, dalle nostre convinzioni dalle nostre credenze, e indagare insieme, se possibile, se volete, addentrarci nell’enorme questione di cosa sia il dolore. Perché gli esseri umani in tutte le epoche abbiano mantenuto e sostenuto, e si siano rassegnati al dolore. E se c’è una fine a tutto questo. Perché, come dicevamo, quando c’è dolore non c’è amore, e senza amore non c’è compassione, né chiarezza. E dalla chiarezza e dalla compassione nasce la capacità, che è non coltivare l’importanza del sé. Così, se possibile, insieme, liberamente, indagheremo il problema della sofferenza.
3:42 E bisogna anche essere liberi da ogni ideologia. Le ideologie sono illusioni pericolose, siano esse politiche, sociali, religiose o personali. Ogni forma di ideologia o finisce in totalitarismo, o in un condizionamento religioso, come quello cattolico, o protestante, indù, buddista e così via, e quindi diventa un peso ancor più grande. Perciò, per approfondire davvero l’enorme problema della sofferenza, dell’amore, della morte, bisogna essere liberi da ogni ideologia. Mi chiedo se sarete liberi almeno stamattina, completamente liberi dalle vostre convinzioni, del tutto liberi da ogni ideale, ideologia, - da cosa dovrebbe essere, o dev'essere - e dalle vostre convinzioni personali. Potete aver fatto molte esperienze, e forse queste esperienze vi hanno condotto o portato a precise conclusioni, immagini. Ma, per indagare questa domanda, bisogna essere del tutto liberi da tutto questo, altrimenti ci conduce all’illusone. E spero che lo capiamo bene e che possiamo procedere da qui per indagare perché gli uomini, in tutto il mondo, soffrono e hanno tollerato questo dolore, e se sia possibile porre fine a tutte le sofferenze. Ovviamente, c’è il dolore biologico, fisico, ma questo dolore distorce la mente, se non si fa molta attenzione. Perciò, stiamo parlando del dolore psicologico dell’umanità.
6:47 Nell’indagare il dolore, indaghiamo il dolore dell’essere umano, perché ognuno di noi è l’essenza di tutta l’umanità. Spero che almeno questo punto sia chiaro, che voi siete psicologicamente, internamente, profondamente uguali a tutti gli altri uomini. Che soffrono, affrontano tante preoccupazioni, incertezza, confusione, violenza, un grande senso di afflizione, perdita, solitudine, come tutti noi. Quindi non c’è divisione psicologica fra tutti noi. Perciò noi siamo il mondo, psicologicamente, e il mondo è noi. Questa non è una convinzione, non è una conclusione, non è una teoria intellettuale ma un dato di fatto, da sentire, da comprendere e da vivere.
8:14 Quindi, indagando Il problema del dolore, indaghiamo non solo il nostro personale, limitato dolore ma anche il dolore dell'umanità. Perciò, per favore, indagando questo, non riduciamolo a una questione personale. Perché quando vediamo il grande dolore dell'umanità, allora, nel comprendere la sua enormità e interezza, noi vi prendiamo parte. Perciò, non è un'indagine egoistica, su come io o voi ci liberiamo dal dolore. Se rendete la questione personale, limitata, allora non capirete il pieno significato dell’enormità del dolore.
9:26 In opposizione al dolore, c’è la felicità. Come nella nostra coscienza ci sono il bene e il male, nella nostra coscienza, c’è il dolore e un senso di felicità. Ora però lo indaghiamo non come opposto della felicità, ma come dolore in sé. Spero che questo punto sia chiaro. Perché ogni opposto contiene il suo contrario: se il bene è la conseguenza del male, allora il bene contiene il male. E se il dolore è l’opposto della felicità, della gioia, dell'appagamento e via dicendo, allora l’indagine del dolore ha le sue radici nella felicità. Perciò indaghiamo il dolore di per sé, in se stesso, non come l’opposto di qualcos’altro. Possiamo continuare?
11:07 Ora, se posso, stiamo pensando insieme. Non dovete accettare o rifiutare quello che dice chi parla, ma piuttosto, insieme, liberi da particolari idiosincrasie, tendenze, conclusioni, investigare insieme. Allora è divertente, è un muoversi insieme. Ma se restate attaccati al vostro particolare credo, o pregiudizio o questo o quello, allora non possiamo… non c’è il movimento dello stare insieme. Perché chi parla, se posso precisare, non ha un credo, né conclusioni, né teorie, né ideologie, allora si è liberi di investigare, guardare, osservare. Nell’osservare il dolore, è importante capire, anche, come si osserva. Penso che sia molto, molto importante. La natura e il movimento dell’osservazione, - come guardi il tuo dolore. Se lo guardi come fosse qualcosa di diverso da te allora c’è una divisione fra te e quello che chiami ‘dolore’. Ma quel dolore è diverso da te? Capite la mia domanda? Chi osserva il dolore è diverso dal dolore stesso, o chi osserva è il dolore? Non che lui sia libero dal dolore, e poi lo guarda o si identifica col dolore; ma il dolore non è forse nel campo di chi osserva? L’osservatore è il dolore. Allora l’osservatore diventa l’osservato. Chi vive l’esperienza, è l’esperienza. Colui che pensa è il pensiero. Non c’è divisione dall’osservatore che dice ‘Io soffro” e divide se stesso e poi prova a fare qualcosa per il dolore, - scappare via, cercare conforto, sopprimerlo e tutti i modi di trascendere il dolore. Mentre, se l’osservatore è l’osservato - come di fatto è - è come quando ti arrabbi, quella rabbia non è diversa da te. Tu sei quella rabbia. Allora, eliminate del tutto la divisione che causa il conflitto. Questo è molto importante da capire, se posso ribadirlo. Perché per tradizione veniamo cresciuti, educati, a pensare che l’osservatore sia qualcosa di totalmente diverso dall’osservato. Egli è l’analizzatore, dunque può analizzare. Ma l’analizzatore è l’analizzato. Quindi, in questa prospettiva, non c’è divisione fra l’osservatore e l’osservato, fra colui che pensa e il suo pensiero. Non c’è pensiero senza colui che pensa. Se non c’è chi pensa, non c’è pensiero. Sono una cosa sola.
15:30 Quindi stiamo indagando, insieme, questo problema. Non qualcosa di opposto al piacere, - sofferenza, pena - piacere opposto al dolore, ma indaghiamo il dolore in sé. Ciò significa che l’osservatore è l’osservato, perciò egli sta osservando, non sta determinando cos’è il dolore, non sta dicendo cosa il dolore dovrebbe essere, o non essere, sta solo osservando, senza scelta, senza movimento di pensiero.
16:13 Pubblico: Grazie. Io devo andare.
16:25 Pubbl: ha solo detto “Grazie” ed è uscito.
16:33 K: Dove eravamo…?
16:46 Allora, stiamo osservando la natura e il movimento del dolore. Ci sono vari tipi di dolore: l’uomo che non ha un lavoro, l’uomo che sarà povero per sempre, l’uomo che non godrà mai di abiti puliti, di un bel bagno, come accade ai poveri. Ci sono vari tipi di dolore, come l’ignoranza, il dolore che vedi quando i bambini vengono maltrattati, quando gli animali vengono uccisi, la vivisezione e tutto il resto. C’è il dolore della guerra, che tocca tutto il genere umano. C’è il dolore di quando qualcuno che ti piace o che ami, muore. C’è il dolore del fallimento. C’è il dolore del desiderio da soddisfare, e il fallimento, la frustrazione di tutto ciò. Dunque, ci sono tanti tipi di dolore. Giusto? Ci occupiamo delle varie manifestazioni del dolore, o affrontiamo la radice del dolore? Capite la mia domanda? Guardiamo ogni manifestazione del dolore, - e sono molti, centinaia di tipi di dolore - o andiamo alla radice stessa del dolore? Perché se consideriamo le varie espressioni del dolore, non si finisce mai. Anche laddove potete ridurle, diminuirle, rimarranno sempre, all’esterno. Ma se guardate i tanti rami del dolore, e attraverso questa osservazione andate alla radice stessa del dolore, - dall’esterno, andate all’interno - allora possiamo esaminare qual è la radice, la causa. Il dolore ha una causa? E cos’è il dolore? Capite? Possiamo andare avanti? Per favore, non siate ipnotizzati dalla mia serietà, o dalla mia voce, o dal mio aspetto. Perché per me, personalmente, è una questione molto seria, poiché se non poni fine al dolore, non c’è amore nel tuo cuore. Puoi compatire gli altri, puoi essere turbato dal massacro che sta accadendo, non solo di esseri umani, ma di balene e cuccioli di foca e tutti gli altri orrori che gli esseri umani commettono. Perciò è molto importante capire da voi stessi, esaminando, parlandone insieme, se esiste un limite a questo enorme peso dell’umanità.
21:02 Perciò, per favore, viaggiamo insieme, in questo problema. Come dicevamo, è molto importante imparare come osservare. Imparare. Che non significa memorizzare, perché diventa una cosa meccanica, ma imparare a osservare. Non ad accumulare, ma l’arte dell’osservazione, che significa osservare senza distorsioni. E c’è distorsione solo quando c’è paura, quando dici “Devo liberarmi dal dolore”. O quando cerchi conforto perché stai soffrendo e speri ci sia una fine al dolore, e questa speranza ti dà una sensazione di conforto. Tutti questi fattori distorcono l’indagine su questo grande problema. Ciò richiede una disciplina specifica, così la mente è in grado di guardare se stessa. Come dicevamo, se il pensiero è consapevole di se stesso, la tua coscienza è consapevole del suo contenuto? Se è consapevole di se stessa allora può muoversi grandiosamente. Ma se imponi alla coscienza un contenuto, dicendo, questo è il suo contenuto, e lo impari, allora diventa una cosa meccanica. Non porta da nessuna parte.
23:00 Dunque noi stiamo indagando su cos'è il dolore, e se c’è una fine al dolore. Cos’è il dolore? Perché soffriamo? E' perché abbiamo perso qualcosa che avevamo? O c’è dolore perché ci è stata promessa una ricompensa che poi non è arrivata? Perché noi per tradizione veniamo educati attraverso ricompense e castighi. E ci chiediamo, c’è dolore perché non ottenete ricompense, celesti o terrene – ricompense? Si soffre per autocommiserazione? Perché non avete tutto ciò che ha qualcun altro? Non siete tanto brillanti, acuti, intelligenti, attraenti come gli altri, e allora dal paragone deriva dolore? Per favore, seguite. Soffrite perché dal paragone, dalla misurazione, soffrite? Soffrite perché attraverso l’imitazione non siete stati capaci di ottenere quello che state cercando di imitare? C’è sofferenza perché state cercando di conformarvi a uno modello e non lo realizzate mai completamente? Allora, ci chiediamo, profondamente, cos’è la sofferenza, e perché si soffre?
25:17 Inoltre, bisogna essere molto attenti nell’esaminare se la parola ‘dolore’, in sé, pesa sull’uomo, la parola stessa. Noi abbiamo elogiato il dolore. Lo abbiamo reso romantico. Abbiamo reso il dolore qualcosa di essenziale allo scopo di trovare la realtà. Devi attraversare il dolore per trovare qualcosa, per trovare amore, pietà, compassione. Perciò, attraverso il dolore cerchiamo una ricompensa. E la parola ‘sofferenza’, ‘dolore’, comporta il sentimento del dolore? Per favore esaminate tutto questo mentre procediamo. O indipendentemente dalla parola e dalla stimolazione della parola, dalla reazione a quella parola, c’è dolore, in sé? Questo non è un esercizio intellettuale, ma nell'esaminare, dovete porvi queste domande. Se lo chiedete su un piano intellettuale, non andrete lontano. Ma se c’è una tremenda crisi nella vita, come accade, quando c’è dolore c’è una sfida, e tutta la vostra energia entra in gioco. Ma noi dissipiamo quell’energia con la fuga, la consolazione, le spiegazioni, il karma, questo e quello, decine di spiegazioni. Allora, siccome è una sfida, - ossia, cos’è il dolore? Può finire il dolore? E' una sfida. E se rispondi con tutto te stesso alla sfida, - e puoi farlo solo quando non hai paura, quando non sei catturato nel meccanismo del piacere, quando non stai cercando la fuga o la consolazione, ma stai rispondendo alla sfida con tutta la tua energia, allora quella risposta è l’espressione di tutta la tua energia. Giusto? Perché quel dolore è una sfida tremenda.
28:53 Nel comprendere la causa del dolore, il dolore scompare? Posso dire a me stesso: “Provo pena per me, ma se posso porre fine a questa pena, non ci sarà più dolore”. Perciò lavoro per liberarmene, perché capisco quanto è sciocco, e cerco di eliminarlo e me ne preoccupo, come fa un cane con un osso. Allora intellettualmente penso di essere libero dal dolore. Ma scoprire la causa del dolore non pone fine al dolore. Spero che… La ricerca della causa del dolore è una perdita di energia. Il dolore è lì, e chiede la tua totale attenzione. È una sfida che ti sta chiedendo di agire. Ma invece noi diciamo “Voglio capire la causa, scoprirla, è questo, quello o quell'altro? Forse mi sbaglio, meglio parlarne con altri, o leggere qualche libro che mi dica qual è la vera causa”. Ma tutto ciò si allontana dall’azione pratica, dalla reazione pratica a quella sfida. Capite? Quindi, ci chiediamo, qual è la radice del dolore? Se la nostra mente, che è il movimento del pensiero, guarda nella sua memoria e risponde in accordo con quei ricordi, ovvero secondo le conoscenze precedenti, allora non state agendo verso quella sfida, ma state rispondendo dalla memoria del passato. Mi chiedo se lo capite. Per favore, pensateci per qualche minuto, e capirete l’importanza di tutto ciò.
31:38 Io soffro, mio figlio, mia moglie o la condizione sociale, la povertà, la brutalità umana, provoca un grande dolore in me. Che vuole una risposta, una risposta completa da me, come essere umano che rappresenta tutta l’umanità, - e intendo proprio tutta l’umanità. E il pensiero risponde alla sfida - il pensiero - E dice “devo scoprire il modo di rispondere”. Ho provato dolore in passato e ne conosco il significato, la sofferenza, la pena e la preoccupazione, la solitudine del dolore, e il ricordo di tutto ciò, e in accordo con quel ricordo, rispondo. Quindi, non sto reagendo, agendo. Sto rispondendo da un ricordo. Non so se capite. Perciò non è una vera risposta. Possiamo andare avanti? No, per favore, fatelo. Spero lo stiate facendo, stiate davvero guardando il fatto che ogni risposta alla sfida, se viene dalla memoria, non è affatto una risposta, è una semplice reazione. Non è azione, è una reazione. Una volta capito questo, allora la domanda è: qual è la radice di tutto? Non la causa. È qualcosa di diverso dalla causalità. Quando c’è una causa, c’è un effetto. Giusto? E l’effetto diventa la causa. Giusto? C’è la causa, dalla causa deriva un effetto, che è l’azione; questo effetto diventa la causa per la prossima azione. Quindi è una catena: causa, effetto, e quell’effetto diventa la causa dell’effetto successivo, e così via. Così, quando la mente è prigioniera di questa catena limitata - ed è sempre limitata - allora la tua risposta alla sfida sarà molto limitata. Non so se lo vedete. Posso andare avanti? Ci capiamo? Spero di essere chiaro. Se non sono chiaro, ne parlerò di nuovo, dieci volte, in modi diversi, perché questo è molto importante: agire verso quella sfida senza un intervallo di tempo. L’intervallo di tempo è la risposta della memoria. Lo state facendo?
35:21 Sapete cos’è il dolore, - tutti noi lo sappiamo, ogni essere umano nel mondo sa cos’è il dolore. Quindi, lo sapete molto bene. Puoi anche non aver vissuto grandi dolori, ma vedi intorno a te l’enormità del dolore umano - il dolore globale dell’umanità. E se reagisci guidato dai tuoi condizionamenti, guidato dai ricordi, sei prigioniero di un’azione che è sempre legata al tempo. La sfida e la risposta esigono che non ci sia un intervallo di tempo. Chissà se mi capite. Allora c’è azione istantanea. Giusto? E' questo che stiamo indagando. Ossia, qual è la radice del dolore? Non stiamo cercando di scoprirne la causa, ma la sostanza stessa, la natura, il movimento stesso del dolore.
36:47 Come dicevamo, la paura è tempo. La paura, dicevamo, è il movimento del pensiero, il pensiero in quanto misura. Quindi, il pensiero è la risposta della memoria, dell’esperienza, della conoscenza, e quel pensiero è limitato, è un movimento nel tempo. Perciò, se non c’è tempo non c’è paura. Capite? Ho paura di morire. Morirò, nel futuro, adesso sono vivo ma morirò. Quindi, c’è un intervallo di tempo. Ma se non c'è un intervallo di tempo, non c'è paura. Chissà se capite. Quindi, in questo senso, la radice del dolore è il tempo? Dato che il tempo è il movimento del pensiero, il tempo è pensiero. E se non c’è pensiero, affatto, quando rispondi alla sfida, c’è dolore? Chissà se… sono…? Questo è piuttosto… Per favore, ripeto, dimentichiamo la fantascienza, e dimentichiamo anche, mettiamo via per ora le vostre idee sul tempo, il dolore, la paura e tutto il resto, le vostre conclusioni, ciò che avete letto sul dolore e la reincarnazione, tutto, dimenticate tutto, e ricominciate, come se non sapeste nulla del dolore. Come se davvero - anche se soffrite - non aveste risposta al dolore. Allora possiamo iniziare insieme. Ma siamo così abituati a scaricare il dolore sugli altri. Il cristianesimo lo ha fatto, in modo splendido. Vai in chiesa e vedi tutto il dolore in quella figura. I cristiani hanno riversato tutto il loro dolore su qualcun altro. E credono così di aver capito tutto il circo del dolore. E in India, e nei paesi asiatici, anche loro hanno un’altra forma di evasione: il karma. Ma non entrerò in questa faccenda. Perciò, noi non stiamo facendo questo. Qui stiamo provando ad affrontare il movimento reale del momento del dolore. E ad essere del tutto consapevoli, senza scelta, di questo.
40:30 Ci chiediamo, il tempo, che è pensiero, è l’elemento fondamentale che fa sbocciare il dolore? Chissà se capite. Allora ci chiediamo, il pensiero è responsabile del dolore? Non solo il dolore degli altri, ma anche la brutalità degli altri, la completa ignoranza del movimento del sé, è questo il movimento del pensiero? Il pensiero essendo il passato. Non c’è pensiero nuovo, non c’è pensiero libero, c’è solo pensiero; che è la reazione della conoscenza come esperienza, immagazzinata nel cervello come memoria, e che reagisce. Ora, se questo è il fatto, se questo è vero, cioè se il dolore è il risultato di tempo e pensiero, se questo è un fatto e non una supposizione, allora stai rispondendo al dolore senza il ‘me’. No? Il ‘me’ è costruito dal pensiero, - il mio nome, la mia forma, l’aspetto, le mie qualità, reazioni, tutte le cose che ho acquisito, è tutto unito dal pensiero. E' così. Perciò quel pensiero è ‘me’. Il pensiero è ‘me’. Perciò il tempo è ‘me’, il sé, l’ego, la personalità, tutto ciò è il movimento del tempo, in quanto ‘me’. Quando non c’è tempo, - capite?- Quando rispondete alla sfida del dolore e non c’è ‘me’, c’è dolore? Mi chiedo se capite…
43:17 Il dolore non è forse basato su di me? L’individuo, la personalità, l’ego, il sé dice “io soffro”, “io sono solo”, “sono preoccupato, ho perso mio figlio, ho puntato tutta l'energia e l'amore su di lui e l'ho perso, e sono solo”. Mi seguite? Tutto questo movimento, questa struttura, è ‘me’, è pensiero. E il pensiero dice “Io non sono solo ‘me’, ma anche un ‘me’ superiore”. C’è qualcosa di molto superiore a questo pensiero, che è ancora il movimento del pensiero.
44:12 Quindi il dolore finisce quando non c’è il ‘me’. Giusto? Poi ci ritorneremo più avanti, se avremo tempo.
44:28 Ora parleremo, insieme, di cos’è la morte. Ripeto, per favore, se posso precisare, non sappiamo cosa significa. Giusto? Potete iniziare da questo. Potete aver immaginato su questo, potete averne letto, potete aver tratto le vostre conclusioni su questo, ma in effetti non avete mai compreso cosa sia la morte - ovviamente no. Perciò quando guardate la questione della morte, non considerate le vostre conoscenze di seconda mano; perché tutti noi siamo esseri umani di seconda mano, o di terza, o di ennesima mano. Quindi, possiamo guardare questo problema come se non ne sapessimo nulla? Allora possiamo scoprire qualcosa. Ma, se vi avvicinate pieni di conoscenze, allora state informando la morte su cos’è! Il che è davvero assurdo. Invece, se ci arrivate senza sapere niente, allora iniziate a indagare in modo diverso. Giusto? Iniziate nell’incertezza. E poi, dall’incertezza passate alla certezza totale. Ma noi prima siamo sicuri e poi finiamo nel dubbio. Quindi, iniziamo senza sapere se sia una cosetta da niente chiamata morte. Abbiamo visto migliaia di morti. Abbiamo conosciuto la morte di una persona molto vicina, o la morte di milioni di persone a causa delle bombe atomiche, - Hiroshima e tutti gli altri orrori che l’uomo ha commesso sugli altri esseri umani in nome della pace, in nome delle ideologie. Sono tutte ideologie. Invece il dubbio elimina ogni forma di ideologia, perché sono illusioni pericolose, politiche, socialiste o capitaliste.
47:22 Quindi, senza ideologie, senza conclusioni, senza sapere, procediamo, insieme, per scoprire. Quindi, cos’è la morte? Qual è la cosa che muore? Qual è la cosa che finisce? Inoltre, indagando si comprende se c’è qualcosa di continuo, che poi diventa meccanico. Se ogni cosa ha una fine, allora c’è un nuovo inizio. Mi chiedo se capite. Quindi, stiamo indagando senza paura. E se avete paura, allora non potete assolutamente scoprire cosa sia quell’immensa cosa chiamata morte. Dev’essere la cosa più straordinaria.
48:33 Per scoprire cos’è la morte, dobbiamo anche indagare non cosa c’è dopo la morte, ma cosa c’è prima della morte. Certo, è molto più importante, no? Non lo facciamo mai. Non indaghiamo mai su cos’è la vita. Mi seguite? La morte arriverà, ma cos’è la vita? La vita, quest’enorme sofferenza, paura, preoccupazione, dolore e tutto il resto, è questa la vita? E siccome ci aggrappiamo a questo, abbiamo paura dell'altro. Giusto? Perciò, prima di chiederci cos’è la morte, dobbiamo chiederci cos’è la vita. Perché se non sapete cos’è la vita, non saprete cos’è la morte. Capite? Devono andare insieme, evidentemente. Se possiamo scoprire cos’è la vita, qual è il pieno significato della vita, la vita nella sua interezza, la totalità della vita, allora il cervello è in grado di capire la morte nella sua interezza. Ma noi stiamo indagando il significato della morte, senza indagare il significato della vita. Capite? Chissà se…
50:32 Ora, quando chiediamo qual è il senso della vita, abbiamo immediatamente delle conclusioni. E diciamo che è una qualche ideologia. Giusto? Le si dà un significato secondo i condizionamenti ricevuti. Se siete idealisti - e spero di no -, Se siete idealisti, date un significato ideologico, secondo i condizionamenti, secondo le vostre conclusioni, secondo ciò che avete letto, che avete pensato, e così via. Quindi, la vita, il vivere, è una conclusione, un’ideologia? Mi seguite? Forza! Spero mi stiate seguendo davvero, non solo in teoria, perché allora capirete, se non state dando significato alla vita; se non state dicendo la vita è questo e quest’altro, o qualcos’altro, un ideale, allora siete liberi di - vedete cosa accade quando siete liberi da ideologie, allora siete liberi da sistemi, - politici, religiosi, sociali, ideologie sociali e così via. Perciò prima di indagare il senso di cosa sia la morte, ci chiediamo: cos’è la vita? Quello che stiamo vivendo, è vita? La nostra perenne lotta con gli altri? Il tentativo di capire gli altri. Il tentativo di capire chi sta parlando. Capite? Lui ha detto questo, ma che intende dire? È questa la vita? La vita secondo un certo libro? Secondo un certo psicologo?
52:44 Ecco, se eliminate queste cose, tutte, allora inizieremo con “ciò che è”. “Ciò che è” è che la nostra vita è diventata una tortura tremenda, una tremenda battaglia fra noi, fra esseri umani, uomo, donna, vicino di casa, sia accanto o molto lontano da noi. È un conflitto in cui raramente c’è libertà, per guardare il cielo blu, per vedere una cosa bella e gustarla ed essere felice per un po’. Ma la nuvola della battaglia arriva presto. E noi chiamiamo tutto questo vita, - andare in chiesa, partecipare alla messa, e la ripetizione tradizionale, una ripetizione senza senso, accettare qualche ideologia o figura - mi seguite? Questo è ciò che chiamiamo vita. E siamo così impegnati in questo. Giusto? Lo accettiamo. Non siamo completamente scontenti di tutto ciò. Ma l’insoddisfazione ha un suo significato. La vera insoddisfazione, non: "Voglio suonare la chitarra e devo suonarla fino a mezzanotte, non importa se tu stai dormendo o no”. Questa non è insoddisfazione, questi sono capricci. L’insoddisfazione è una fiamma che si cerca di spegnere con azioni puerili, con soddisfazioni momentanee. Ma l’insoddisfazione, quando la lasciate fluire, emergere, afferratela, essa brucia tutto ciò che non è vero.
55:05 Allora, si può vivere una vita completa, non frammentata? Una vita in cui il pensiero non divide il vivere, la famiglia, l’ufficio. Mi seguite? La chiesa, Dio, questo e quello - è tutto diviso, a pezzi. La parola 'completo' significa sano, equilibrato e sacro, il significato stesso della parola. Noi abbiamo perso tutto questo. E quando arriva la morte, ne siamo sconvolti, scioccati. E quando arriva, di solito è per gli altri, non per noi, quando arriva, la mente non è in grado di affrontarla, perché non si è vissuto una vita piena. Capite? Mi chiedo se capite tutto ciò. Una vita che sia completa, piena, vera.
56:22 E allora dovete anche indagare cosa sia la bellezza. Vi interessa tutto ciò? Non so… Non siete stanchi? Come dicevo ieri, io scavo la buca e voi state a guardare! È così? Io sto scavando nell’intera struttura della coscienza umana, e se voi non collaborate, scavando, investigando, guardando, allora direte che non siete stanchi. Dopo un’ora, - dev’essere un’ora, no? È ovvio, sarete completamente esausti, perché non siete abituati a questo modo di pensare, guardare, osservare. Conduciamo vite così superficiali. Allora, la mente guarda dentro se stessa, nella sua coscienza, e scopre, vede come vive ogni giorno. Ma se non capisce, fino in fondo, il suo proprio modo di vivere, che è del tutto diverso, - capite? - la fine di ogni tradizione, di tutte le abitudini, i ricordi, di tutto questo, allora come potete capire cos’è la morte? La morte arriva, e non potete farci niente, non potete dire “Aspetta qualche altra settimana” - è lì. E la mente può affrontarla? Ovvero, può la mente affrontare la fine di tutto mentre si è vivi? Capite? Mentre si è pieni di vitalità, di energia, pieni di vita, perché allora non si è consumati da conflitti e preoccupazioni e altre cose del genere, si è pieni di energia, chiarezza. E la morte significa la fine di tutto quello che conosciamo, di tutti i nostri attaccamenti, di tutti i conti in banca, di questo e quello, finisce tutto. Questa è la morte. E la mente, mentre si vive, può far fronte a questa situazione? Capite? Allora potete capire il vero significato di cos’è la morte. Se vi aggrappate all’idea del ‘me’, “Io devo continuare”, - il ‘me’ è costruito dal pensiero, perciò state dicendo "Io e la mia coscienza, in cui c’è la coscienza superiore, e la coscienza suprema" - è tutto costruito dal pensiero. Il pensiero vive in ciò che è noto. Capite? Il pensiero è il prodotto di ciò che è conosciuto. Perciò, se non c'è libertà dal conosciuto, non si potrà mai scoprire cos’è la morte, che è la fine di tutto. Il corpo fisico, con le sue abitudini radicate e così via, l’identificazione con un corpo, con un nome, con tutti i ricordi che ha acquisito, - non puoi portarli con te, dovunque finirai morendo. Deve finire. Così come non puoi portarti via i tuoi soldi, allo stesso modo deve finire anche tutto ciò che conosci. Il che significa che c’è solitudine assoluta, - non isolamento, ma solitudine, nel senso che non c’è nient’altro se non la condizione della mente che è perfettamente completa. Solitudine significa completo in sé.
1:01:08 Perciò, se andate fino in fondo, non intellettualmente ma realmente, ossia senza ideologie, politiche, socialiste, a quanto sembra queste ideologie politiche finiscono in una qualche forma di totalitarismo – qualche forma; e quando non c’è ideologia, quando non resta niente di ciò a cui ti aggrappavi, niente, quella è la morte. Ma questo ci spaventa così tanto, che diciamo, ci dev’essere un qualche tipo di continuità.
1:02:02 Non credo ci sia tempo per parlare di questo, di cosa c’è, se c’è una continuità o meno. Gli esseri umani vogliono la continuità. Che senso ha vivere un'intera vita per cinquanta, sessant’anni o quello che è, e accumulare tanta conoscenza, esperienza. Ho cambiato me stesso - mi seguite? Questa cosa che il pensiero ha creato, è tutto qui quando si muore? È la fine di tutto? Allora, il pensiero dice “Dev’esserci qualcos’altro”. Mi seguite, signori? È il pensiero che dice che deve esistere altro. Allora, inventa tutte le idee più rassicuranti. Ma quando il pensiero riconosce il proprio limite, non il limite imposto, quando il pensiero stesso è conscio del suo essere legato al tempo, allora il pensiero ha il suo giusto posto, dove la conoscenza ha il suo giusto posto, - riguardo alla tecnologia e così via. Ma non occupa nessun posto nel mondo psicologico. Così, quando la psiche è del tutto inesistente, vuota, quella è la morte. Allora, c’è un diverso… - non è una promessa! Siete tutti pronti per una ricompensa. Oh, che gente! Mi sono fermato giusto tempo! No, voi non capite l’importanza di tutto questo. Sapete, le nostre menti sono stracariche, piene di tutti i tipi di conoscenza e informazioni, sia in senso psicologico che fisiologico. È giusto avere conoscenze fisiologiche, biologiche, all’esterno: il mondo della tecnologia e così via; ma il pensiero non ha posto nel mondo psicologico, non ha posto nemmeno altrove. E il pensiero è in continua ricerca, - perché funziona nella frammentazione - è in continua ricerca di un fine. Mi chiedo se capite. È sempre in cerca di un fine parziale, qualcosa da guadagnare: se faccio questo, ottengo quello. Quindi, quando hai la promessa di una ricompensa, dimentichi i mezzi. Ci sono solo i mezzi, non il fine. Bene. Basta così. È sufficiente per oggi?