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OJ82CNM1 - Le radici del disordine psicologico
Primo dialogo con D. Bohm, J. Hidley e R. Sheldrake
Ojai, California
16 aprile 1982



0:05 LA NATURA DELLA MENTE
0:19 PRIMA PARTE
0:23 Le radici del disordine psicologico
0:37 Questa è una serie di dialoghi fra J. Krishnamurti David Bohm, Rupert Sheldrake, e John Hidley. Lo scopo di questi dialoghi è di esplorare questioni essenziali sulla mente, che cos'è il disordine psicologico, e cosa serve per un cambiamento psicologico fondamentale.
0:57 J Krishnamurti è un filosofo religioso, autore, ed educatore, che ha scritto e tenuto discorsi su questi argomenti per molti anni. Ha fondato scuole elementari e medie negli Stati Uniti, Inghilterra e India.
1:10 David Bohm è professore di fisica teorica al Birkbeck College, Università di Londra, Inghilterra. Ha scritto numerosi libri sulla fisica teorica e la natura della coscienza. Prof. Bohm e Mr. Krishnamurti hanno già avuto dialoghi su molti argomenti.
1:27 Rupert Sheldrake è un biologo, che nel suo recente libro sostiene che l'apprendimento acquisito da membri di una specie ha effetto sull'intera specie. Il Dr. Sheldrake è consulente fisiologo delle piante per l'International Crops Research Institute di Hyderabad, India.
1:46 John Hidley è psicologo privato ed è stato associato con la scuola Krishnamurti di Ojai, California per gli ultimi sei anni.
1:55 Nella cultura ci sono punti di vista discordanti sull'approccio corretto verso i propri e gli altrui problemi psicologici. E i principi di fondo dai quali derivano queste posizioni sono ancora più conflittuali. Senza invocare un punto di vista ristretto o specialistico, può la mente, la natura della coscienza, il suo rapporto verso l'umana sofferenza, e il potenziale di cambiamento, essere compreso? Questi sono i temi che verranno esplorati in questi dialoghi.
2:28 K: E' il disordine la vera natura del sè?
2:40 H: Perché dice questo? Perché chiede se è la natura del sè?
2:44 K: Il sè, il me, l'ego, o come volete chiamarlo, non è forse divisivo? Non è quel processo che esclude, che isola, quell'agire egocentrico, che causa così tanto disordine nel mondo, non è forse quello l'origine, il principio di tutto il disordine?
3:10 H: Il principio è l'attività egocentrica.
3:13 K: Sì, l'agire egocentrico, a tutti i livelli della vita.
3:17 H: Sì, ed è questo il modo in cui il paziente viene da me, preoccupato della sua depressione.
3:22 K: Sì.

H: O della sua paura.
3:24 K: Del suo successo, la sua gioia, la sua sofferenza, la sua angoscia, ecc. è tutto rivolto a se stesso.
3:31 H: Sì.

K: Perciò, chiedo, se posso, non è forse il sè l'inizio di tutto il disordine? Il sè - l'egotistico atteggiamento verso la vita, il senso dell'individuo, l'enfasi sull'individuo, la sua salvezza, la sua realizzazione, la sua felicità, la sua ansietà, ecc. ecc.
4:01 H: Ma, non so se sia questa la fonte del problema. Certamente è il modo in cui lo sperimenta e lo presenta. Lo presenta come suo.
4:11 K: Sì, ma andando in giro per il mondo, si vede la stessa espressione, lo stesso modo di vivere. Tutti vivono le loro vite personali, non in relazione con gli altri, pur essendo sposati, o facendo ogni genere di cose, funzionano in realtà da un centro isolato.
4:39 H: E quel centro, quel sè, è la fonte delle difficoltà nelle relazioni?
4:46 K: Nelle relazioni.
4:47 H: E della difficoltà che crea i sintomi.
4:52 K: E io mi chiedo se gli psicologi abbiano affrontato il problema, che il sè è l'origine, il principio di tutte le contraddizioni, delle attività divisive, egocentriche, ecc.
5:11 H: No. Penso che gli psichiatri e gli psicologi ritengano che il problema è di avere un sè adeguato.
5:21 K: Un sè adeguato.

H: Sì.
5:23 K: Che cosa significa?
5:26 H: Definendo la normalità...
5:28 K: Un sè che funzioni ...

H: Sufficientemente.
5:31 K: ...efficacemente.

H: Sì.
5:33 K: Il che comporta ulteriore infelicità.
5:41 B: Io non credo che gli psichiatri sarebbero proprio d'accordo su questo punto, potrebbero ritenere che un sè ben organizzato potrebbe andare d'accordo con altri sè organizzati e formare una società ordinata.

K: Sì.
5:54 B: E lei sta dicendo qualcosa di molto diverso.

K: Sì.
5:58 B: Cioè che nessun sè può farlo. Nessuna struttura del sè può fare ordine.
6:04 K: Esatto. La natura stessa del sè deve intrinsecamente portare disordine.
6:15 B: Sì, ma non sono sicuro che risulti chiaro. Come si può renderlo chiaro, evidente?
6:27 S: Scusate, a me sembra che il contesto sia più vasto di quello della psicologia, perché nel mondo ci sono molte cose, che non sono esseri umani con un sè, - animali, piante e tutte le forze della natura, le stelle, e così via. Vediamo il disordine anche nella natura. Può non essere cosciente, esperito - un gatto soffre, o anche un leone, o un topo, e perfino un verme soffre anche se non andranno da uno psichiatra, ma il fatto è che sembra esserci disordine e conflitto nella natura. Ci sono conflitti tra le forze della natura, nelle cose inanimate, terremoti, ecc. conflitti nel mondo animale, e conflitti perfino nel mondo vegetale. Le piante competono per la luce, quella più grande diventa più alta nella foresta, quella più piccola rimane in ombra e muore. C'è conflitto fra predatori e prede - tutti gli animali vivono di piante o animali. Ci sono conflitti di ogni genere: malattie, sofferenze, parassiti, - sono tutte cose del mondo naturale - Perciò, le sofferenze psicologiche e il disordine hanno a che fare soltanto con la mente o con l'insieme della natura? Con il fatto che il mondo è pieno di cose separate, e se c'è questo mondo pieno di cose separate, che interagiscono fra di loro, allora ci sarà sempre conflitto in un mondo simile?
7:57 B: Allora, mi chiedo se è chiaro che c'è questo disordine in natura o diremmo che c'è solo nella coscienza umana?
8:06 K: Sì.
8:07 B: Cioè, i fenomeni che lei ha descritto, sono veramente disordine? Questa è la domanda da chiarire. Oppure, qual è la differenza fra il disordine della coscienza e quello che accade in natura?
8:18 K: L'altra sera in televisione ho visto un ghepardo cacciare e uccidere un capriolo. Lo considererebbe disordine?
8:28 S: Ma, direi che implica della sofferenza.
8:30 K: Sofferenza, sì. Stiamo quindi dicendo che è naturale in natura e per gli uomini soffrire, vivere nell'angoscia, vivere in disordine?

S: Sì.
8:49 K: E lei che cosa ne dice?
8:51 H: Penso che i terapisti la vedano così. In un certo senso si ritiene che avvenga nel corso dello sviluppo, e che per alcuni valga più che per altri - sofferenza - alcuni sono più fortunati per educazione per esempio, o per eredità. Ma non ci si chiede se possa non essere necessario in senso assoluto.
9:18 Ed è quello che stiamo mettendo in questione.
9:20 K: E anch'io vorrei metterlo in dubbio.
9:22 H: Sì.
9:24 K: Il Dr. Sheldrake dice che lo si accetta, che è così. Il condizionamento umano è di soffrire, lottare, avere ansia, dolore, disordine.
9:36 E' la condizione umana.
9:38 H: Di certo esiste il dolore fisico. La gente si ammala, muore, ci chiediamo se la sofferenza psicologica sia analoga o se ci sia qualcosa di intrinsecamente diverso.
9:52 K: No, signore. Io dubito, seriamente, che gli esseri umani debbano per forza vivere in questo stato, in questa eterna sofferenza, una vita di continuo tormento. E' necessario? Va bene che sia così?
10:19 H: Non è certamente desiderabile.
10:21 K: No, no. Se accettiamo che sia inevitabile, come molti pensano, allora non c'è risposta.

H: Sì.
10:35 K: Ma, è inevitabile?
10:39 H: La sofferenza fisica è inevitabile.
10:42 K: Sì.

H: Malattia, morte.
10:43 K: Sì, certo, il dolore fisico, la vecchiaia, incidenti, malattie.
10:49 H: Forse aumentiamo la sofferenza fisica con i nostri problemi psicologici.
10:53 K: Proprio così, esattamente. Una donna che diventa madre attraversa momenti terribili durante il parto. Ma, stranamente, dimentica quel dolore. E mette al mondo altri figli. In India, come sapete, ci sono madri che hanno 7 o 8 figli. Se ricordassero i dolori del primo parto, non ne vorrebbero più. Ne ho parlato con molte madri. Sembra che se ne dimentichino completamente, c'è un vuoto. Quindi, c'è qualcosa nella psiche che aiuta a spazzare via il dolore? Recentemente ho subito una piccola operazione, e c'è stato un grande dolore, davvero molto. Ed è durato per un bel po' L'ho completamente dimenticato, finito. Quindi, è forse che si alimenta psicologicamente il ricordo di un dolore - seguite? - dando così un senso di continuità al dolore?
12:31 H: Lei sta dicendo che forse la sofferenza fisica nel mondo non è la fonte della sofferenza psicologica, ma che quest'ultima agisce per conto proprio.
12:43 K: Sì, esatto. Lei avrà avuto mal di denti, certamente.
12:49 S: Sì. Ma l'ho dimenticato.

K: L'ha dimenticato. Perché? Se lei accetta il dolore come inevitabile la sofferenza come inevitabile, deve continuare così. Deve sostenerla.
13:12 S: No, dobbiamo accettare che è inevitabile, dato che talvolta accade. Ma possiamo scordare il dolore fisico; possiamo dimenticare quel tipo di dolore psicologico causato da eventi naturali come la perdita, la morte di qualcuno?
13:26 K: Sì, ci sto arrivando. Io vengo da lei. Ho un problema con mia moglie, se sono sposato. Non lo sono, ma supponiamo che lo sia. Vengo da lei perché non vado d'accordo con mia moglie.
13:40 H: Sì.
13:43 K: E lei non sta bene con me. Abbiamo un problema nella nostra relazione. Vengo da lei. Come mi aiuterà? E' un problema che devono affrontare tutti.
13:57 H: Sì.
14:03 K: O si divorzia.
14:05 H: Sì.

K: O ci si adatta. Ed è possibile quando ciascuno vuole realizzarsi, vuole seguire la propria direzione, seguire i propri desideri, le proprie ambizioni, ecc.?
14:25 H: Lei sta dicendo che il problema nasce perché entrambi hanno a cuore i propri interessi.
14:32 K: No, non si tratta di interesse, è come ... Vede, siamo tutti terribilmente individualisti.
14:41 H: Sì.
14:43 K: Io a mio modo e mia moglie a suo modo. Profondamente.
14:49 H: E vediamo che i nostri bisogni sono in conflitto.
14:52 K: Sì, tutto qui. Fin dall'inizio. Dopo i primi giorni o i primi mesi di relazione, con il piacere e tutto il resto, presto si logora e siamo bloccati.
15:05 H: Ok, è lo stesso problema con la madre che cresce il suo bambino facendone il suo giocattolo. I suoi bisogni sono in conflitto con quelli del bambino.
15:16 K: Prego, forse vuole continuare lei? Sua madre era anche lei così.
15:26 H: Sì.
15:28 K: E tutto il mondo è così. Non è la madre.
15:32 H: Sì.
15:37 K: E quando vengo da lei con un problema, lei dice che è la madre.
15:42 H: No, io non lo direi...

K: Io non sono d'accordo.
15:44 H: Io non direi che è la madre.

K: No, sto esagerando.
15:50 H: Lei sta dicendo che è un problema molto più vasto.
15:53 K: Un problema molto più profondo della madre o del fratello di non aver messo il bimbo sul vasino giusto, o altro.
16:05 H: Giusto. Sembra che i bisogni siano in conflitto.
16:14 K: No, non direi che i bisogni sono in conflitto. In sostanza, sono divisivi, attività egocentriche. E questo deve per forza generare contraddizione con tutte le questioni della relazione e del conflitto,
16:32 H: Sì.
16:40 K: Perchè ciascuno vuole il proprio piacere.
16:45 H: C'è egocentrismo nella persona che alleva un bambino o in chi ha una relazione, che è sposato. Il bambino ne è la vittima.
16:59 K: Il bambino...

H: Il bambino ne è la vittima.
17:01 K: Naturalmente.
17:03 H: E poi cresce e fa le stesse cose.
17:06 K: E anche i loro padri e le loro madri erano così.
17:11 H: Sì. Ma perché deve essere così? Stiamo dicendo che è così in natura? O diciamo che...
17:18 K: Oh, no.
17:21 S: Ma direi che ci sono dei conflitti in natura. Per esempio, nei branchi di gorilla o di babbuini - prendiamo i babbuini o gli scimpanzè - c'è conflitto fra i maschi. Spesso il maschio più forte...

K: Sì ...
17:45 S: ...vuole monopolizzare tutte le femmine migliori. E alcuni dei giovani maschi vogliono fare la loro parte. Vogliono accoppiarsi anche loro con le femmine e cercano di lottare per questo, ma vengono esclusi. Il comportamento egoistico del maschio è per tenersi le femmine per sè. Lo stesso avviene per il cervo che monopolizza le femmine. Questi sono esempi di conflitto nel regno animale che sono piuttosto inutili. Ci sarebbe abbastanza cibo per le galline senza beccarsi a vicenda. E non sono eccezioni, troviamo molti di questi esempi nel regno animale. Non penso che l'origine di questo conflitto egoistico abbia a che fare soltanto con le società umane e come sono strutturate, queste cose si possono vedere nella natura biologica.
18:36 K: Sta dicendo che siccome veniamo dagli animali, che gli esseri umani si sono evoluti dagli animali, abbiamo ereditato questo ordine gerarchico?
18:48 S: Sì, penso che abbiamo ereditato molte tendenze animali dai nostri predecessori.

K: Sì.
18:54 S: E molti di queste si vedono nei problemi psicologici.
18:58 K: Sì, ma è necessario continuare in questo modo?
19:05 S: Ah.
19:06 K: Possiamo pensare, siamo ingegnosi nelle nostre invenzioni, straordinariamente abili in certi campi, perché non potremmo anche dire: 'Non vogliamo tutto questo, questo modo di vivere, cambiamolo.'
19:27 S: Possiamo dirlo, molti lo hanno detto.
19:30 K: So che molti lo hanno detto.
19:32 S: Ma senza molti risultati.
19:35 K: Perché?
19:37 S: E' proprio questa la domanda. Perchè siamo completamente intrappolati nel passato ancestrale?
19:43 K: O talmente condizionati che è impossibile essere liberi.
19:50 S: Ci sono due generi di condizionamento: uno è quello puramente biologico che deriva dalla eredità animale, cioè abbiamo ereditato queste tendenze.
19:59 K: Accettiamolo.
20:00 S: Indubbiamente è molto forte, riguarda il nostro passato animale.
20:05 K: Giusto.
20:06 S: L'altro tipo di condizionamento è l'argomento che vorrei proporre, forse, cioè: che è sempre stato così, che la natura umana è così, ci sono sempre state guerre e conflitti, e quel genere di cose, e quindi ci saranno sempre, il massimo che possiamo fare è di cercare di ridurle, ma ci saranno sempre conflitti psicologici tra le famiglie e le persone, e al massimo si può cercare di limitarli o di renderli vivibili.
20:32 K: Accettare il condizionamento, modificarlo, ma in sostanza non lo si può cambiare.
20:37 S: Sì. Dico che questo è un possibile condizionamento, credere che non si possa cambiarlo radicalmente è un altro condizionamento. Ne sono vittima io stesso. Non so se sia possibile uscirne.
20:52 K: E' di questo che voglio discutere. Se sia possibile cambiare il condizionamento umano, non accettarlo, dicendo, come molti filosofi ed esistenzialisti e altri, che la natura umana è condizionata. E non si può cambiare, si può modificarla, essere meno egoisti, avere meno dolore, avere problemi psicologici, sopportare il dolore, è naturale, lo abbiamo ereditato dagli animali. Si continua così per tutta la vita e per le vite che verranno. Non parlo di reincarnazione, di altre vite. E' il nostro condizionamento umano. Lo accettiamo? O dovremmo indagare se sia possibile cambiare questo condizionamento?
21:59 S: Sì, penso che dovremmo farlo.
22:02 K: Se diciamo che non si può cambiare, il discorso è chiuso.
22:06 S: Va bene, diciamo...

K: No, non sto dicendo...
22:10 S: Mi piacerebbe cambiarlo, lo voglio profondamente. Quindi penso che indagare questa possibilità sia molto importante. Ma uno dei punti, tornando al condizionamento, è che in gran parte si trova nella nostra natura biologica e quelli che pensano di cambiarlo cambiando la struttura della società...
22:35 K: Oh, non parlo di quello, naturalmente.
22:37 S: ...agiscono a un livello troppo superficiale.
22:39 K: Come fanno i comunisti.
22:41 S: Ma l'idea di poterlo cambiare attraverso l'ambiente è quello che ancora pensano i comunisti, e alcuni esperimenti sono stati tentati, ma i risultati si possono vedere nei paesi comunisti. Naturalmente, quelli che ci credono direbbero che non ci hanno provato nel modo giusto, o che hanno tradito la rivoluzione, ecc. Tuttavia, la base di quel credo è che la fonte di tutti i mali e problemi è nella società, e che cambiandola si può perfezionare l'uomo.
23:07 K: Ma la società è formata da noi.

S: Sì.
23:11 K: E deve essere cambiata da noi. Ma non abbiamo cambiato noi stessi. Dipendiamo dalla società, per cambiare. La società è quello che ne abbiamo fatto noi; così siamo in trappola.
23:26 S: Sì. Esatto, e se partiamo dall'eredità, che è costituita in noi, ereditata, derivante dal nostro passato biologico, se partiamo da quello e da queste società gli effetti sono pessimi, per molti versi, e noi cerchiamo solo di cambiare la società, ma la parte ereditata è sempre lì.
23:51 K: Sì, ma non può essere trasformata anche quella?
23:57 S: Veramente...
23:59 K: Posso avere ereditato - cosa? - la violenza dalle scimmie, e così via. Non posso cambiarla? L'eredità biologica...

B: Gli impulsi.
24:16 K: ...il condizionamento. Certo che può essere trasformato.
24:21 S: Tutte le società cercano di trasformare i nostri impulsi biologici e tutti metodi educativi infantili in tutte le società cercano di tenere sotto controllo questi impulsi. Altrimenti ci sarebbe completa anarchia. Questi impulsi sono mantenuti entro certe forme sociali, e l'aggressività individuale ovviamente viene scoraggiata dalle società Ma è davvero trasformata? Non ricompare di nuovo nell'aggressività della società, con le guerre, ecc.? Possiamo vedere che queste cose vengono trasformate dalla società, questi impulsi di base ereditati.
25:03 K: Ma perché ... scusi, prego...
25:05 B: Volevo dire che non ci siamo trasformati veramente, ma penso che per trasformazione intenda un cambiamento fondamentale e non solo superficiale o il trasferimento da un oggetto di aggressività ad altri individui o gruppi. Per trasformazione intende veramente che ci sia un giovamento, un cambiamento, giusto? Per come capisco io.
25:29 S: Cambierebbero da una forma all'altra.
25:31 B: Ma ...
25:32 B: Non credo che sia il significato che Krishnaji intende per 'trasformazione', ma se si possa essere liberi da questo.
25:38 K: Sì, proprio così. Signori, perché dividiamo, se posso chiederlo, la società e me? Come se la società fosse qualcosa di esterno che mi influenza, che mi condiziona; ma i miei genitori, i nonni, ecc, le generazioni passate, hanno creato questa società, quindi io sono parte di questa società. Io sono società.
26:05 S: Bè, sì.

K: Perché ce ne separiamo?
26:08 S: La ragione per cui la separiamo è che ci sono molti generi di società. Se fossi nato in India anziché in Inghilterra, sarei cresciuto in modo molto diverso...
26:19 K: Certamente.

S: ... con tendenze diverse,
26:21 S: E dato che pensiamo che crescendo in una società diversa saremmo stati diversi - abbiamo l'idea che la società e io non siamo la stessa cosa. Siamo sempre stati in una società o l'altra, tutte le società prese nel loro insieme, esistiamo solo all'interno di una società, ma ogni particolare società è in un certo senso casuale, per nascita o educazione.
26:49 K: Ma perfino quella società fa parte di noi.
26:53 S: Sì. Essendo cresciuti lì... diventa parte di noi, e noi di essa.
26:57 K: Ma io voglio abolire questa idea, questa separazione fra me e la società. Io sono società, io sono il mondo. Sono il risultato di tutte queste influenze, condizionamenti, che siano dell'Est o dell'Ovest, del Sud o del Nord, fa tutto parte del condizionamento.

S: Sì.
27:21 K: Quindi stiamo attaccando il condizionamento, non il posto dove siamo nati, l'Est o l'Ovest.
27:27 S: Sì, il problema sarebbe qualsiasi condizionamento, quello biologico, come quello sociale.
27:33 K: Esattamente.

S: Sì.
27:35 K: Personalmente non separo me stesso dalla società, io sono società. Ho creato la società con le mie ansie, i miei desideri di sicurezza, il mio desiderio di potere, e così via, così via. Come gli animali. E' tutto ereditato biologicamente. E anche il mio agire individualistico ha creato questa società. Quindi, sono condizionato così, e mi chiedo - non è possibile liberarmi dal mio condizionamento? Se dite che non è possibile allora è finita.
28:21 S: Prima di tutto direi che non è possibile liberarsi da tutti i condizionamenti. Alcuni sono necessari biologicamente, il condizionamento che fa battere il cuore...
28:30 K: Ah ..

S: ...funzionare i polmoni, ecc.
28:32 K: Questo lo ammetto.
28:34 S: Ora la domanda è, fino a dove si può arrivare? Ci sono condizionamenti necessari.
28:39 K: Il Dr. Hidley stava dicendo - questo è il punto - che siamo condizionati a soffrire, psicologicamente. Vero?
28:48 H: Sì.
28:49 K: O sono condizionato a vivere grandi conflitti nelle relazioni con mia moglie, o con mio padre, o chiunque sia. E lei dice che o si indaga tutto questo e ci se ne libera, o lo si accetta e lo si modifica.
29:10 H: Esattamente.
29:12 K: Quale delle due? Questo vorrei - quale delle due, come psicologo, sostiene? Se posso farle questa domanda.
29:23 H: Sì. Di solito l'approccio è di tentare di modificarlo, di aiutare il paziente a lavorare più efficacemente.
29:36 K: Perché? Spero non le dispiaccia se faccio queste domande.
29:45 H: No. Penso che in parte la ragione sia che viene visto come biologico, e quindi fisso. Una persona nasce con un certo temperamento. I suoi impulsi sono di tipo animale, e penso anche perché non è chiaro al terapista, che il problema può essere affrontato come un tutto, è chiaro che può essere affrontato come particolare.
30:29 K: E' forse ... non è una domanda sfacciata, spero.
30:32 H: Okay.
30:35 K: E' forse che gli psicologi non pensano in modo olistico? Si preoccupano solo di risolvere problemi individuali.
30:52 H: Sì, si preoccupano di risolvere problemi individuali.
30:55 K: Perciò non pensano alla sofferenza umana nel suo insieme.
30:59 H: Esatto.
31:01 K: Ma alla sofferenza di X che è molto depresso.
31:07 H: Esatto, per qualche ragione.
31:09 K: Per ragioni particolari. Ma non si chiedono che cos'è la depressione, e perché le persone, in tutto il mondo sono depresse.
31:21 H: O non cerchiamo di affrontarlo come un singolo problema. Lo affrontiamo con la persona che viene da noi.
31:29 K: Quindi, in effetti, se posso farle notare - potrei sbagliarmi...
31:33 H: Sì.
31:35 K: Voi enfatizzate la sua personale sofferenza, sostendola.
31:42 H: Possiamo chiarire meglio?
31:45 K: Io vengo da lei.

H: Sì.
31:47 K: Sono depresso.

H: Sì.
31:50 K: Pe varie ragioni che lei conosce.
31:53 H: Sì.
31:54 K: E lei mi dice qualcosa, mi parla, ecc. - sa, tutta la storia del perché sono venuto da lei, ecc. - lei mi dice che la mia depressione è la depressione del mondo.
32:13 H: Non le dico così. Dico che la sua depressione...
32:17 K: E dicendomi così, non sta forse aiutandomi a continuare con questa depressione individualistica? E quindi è la mia depressione, non la sua.
32:33 H: Sì.
32:35 K: E' la mia depressione, che posso nutrire o voler dissolvere.
32:41 H: Sì.
32:42 K: Significa che mi preoccupo solo di me stesso.
32:45 H: Sì.

K: Me stesso - siamo tornati al punto.
32:48 H: Sì, è all'interno del contesto di se stessi.
32:50 K: Il sè.

H: Sì.
32:53 K: Così lei mi aiuta ad essere più egoista ...
32:58 H: Sì.
32:59 K: Più preoccupato, più preso da me stesso.
33:06 H: Viene trattato nel contesto del sè, ma direi che la sto aiutando ad essere meno preoccupato di sè perché quando lei non è depresso, non deve essere preoccupato di sè. Si sente meglio ed è in grado di relazionarsi meglio.
33:22 K: Ma a un livello molto superficiale.
33:26 H: Cioè, il sè rimane intatto.
33:30 K: Intatto.

H: Sì.
33:32 B: Ma, penso che la gente non accetterà che il sè non ci sia, che è quello che lei implica che il sè è poco importante. Si presume che il sè ci sia realmente, e che debba essere migliorato, e se lei dice...
33:48 K: Proprio così, esatto.
33:49 B: Una certa dose di egocentrismo viene ritenuta normale.

K: Sì.
33:53 B: Si tratta di mantenerlo in termini ragionevoli, giusto?
33:55 H: Giusto.
33:57 K: Modificare l'egoismo, vero? Continuare pure con l'egoismo, ma andarci piano.
34:05 B: Ma penso che lei stia dicendo qualcosa di molto radicale, perché pochissime persone hanno l'idea la nozione di assenza di egocentrismo.
34:15 K: Esatto.
34:19 H: Giusto; non viene considerato.
34:22 B: Forse da pochissimi ...

H: Sì. Per ragioni biologiche e per l'universalità del fenomeno? Perché non è nemmeno ritenuto rilevante, veramente.
34:34 B: Molti pensano che le cose stiano così, che sia l'unico modo.

H: sì.
34:39 K: E' lo status quo, uno status quo modificato.
34:42 B: Sì.

S: Sì.
34:45 K: A me sembra così irrazionale.
34:50 B: Ma lei deve sentire che è possibile essere diversi, anzi, più che sentire, in un certo senso ci deve essere un motivo per cui lei dice così.
34:58 K: Le dirò ... Cosa?
35:01 B: Perché lei sente così diversamente dagli altri.
35:04 K: Sembra talmente pratico, innanzitutto. Il modo in cui viviamo non è per niente pratico - le guerre, gli armamenti, non sono assolutamente pratici.
35:17 B: Non sarebbe un discorso valido, perché direbbero: 'Capisco, ma siccome siamo fatti così, null'altro è possibile.' Lei sta veramente sfidando la nozione che noi siamo fatti così, o che dobbiamo esserlo.
35:30 K: Questo non lo capisco. Noi siamo quello che siamo.
35:33 B: Le persone dicono di essere individui, separati, e che bisogna lottare e fare del proprio meglio. Ma lei sta dicendo qualcosa di diverso, lei non lo accetta.
35:45 K: Va bene. Non lo accetti, ma ascolterà? Le persone che non l'accettano, impegneranno la loro mente per scoprire? Giusto?

H: Giusto.
36:00 K: Oppure diranno che non vogliono ascoltare? Questo è il nostro pensiero - si tolga di mezzo La maggior parte della gente fa così.
36:11 H: Questa domanda non si pone nemmeno.
36:13 K: Naturalmente.
36:20 H: Ora, perché lei pensa che il sè, questa attività egoistica non sia necessaria?
36:29 K: No, signore, innanzitutto, noi accettiamo la condizione in cui ci troviamo? La accettiamo dicendo: 'Possiamo modificarla, ma non potrà mai essere cambiata.' Non si potrà mai essere liberi dall'ansia, dalla depressione; modifichiamo un po' l'infelicità della vita. Seguite? Questo processo di tortura dentro di sè. E' normale, accettato. Si può modificarlo, vivere un po' più tranquilli, ecc. ecc. Se lei lo accetta, non c'è comunicazione fra di noi. Ma se dice: 'Conosco il mio condizionamento, forse si può... mi dica, parliamone, vediamo se è possibile liberarcene.' Allora siamo in relazione, e possiamo comunicare fra di noi. Ma se dice di no, chiudendomi la porta in faccia, è finito.
37:41 S: Alcuni lo accettano e dicono che non si può cambiare. Ma altri - e io direi che alcuni leaders ispirati di diverse religioni sono fra questi - dicono che si può cambiare, che c'è un modo.
37:56 K: Sì.
37:58 S: E siccome le religioni hanno un vasto seguito, e le loro dottrine sono ampiamente disseminate, ci sono infatti molte persone nella nostra società in ogni società, che pensano che si possa cambiare. Tutte le religioni sostengono la prospettiva del cambiamento e di andare oltre il condizionamento.
38:17 K: Sì. Ma vorrei sapere, quando usa la parola religione, intende le religioni organizzate, le religioni autoritarie, la religione della fede, del dogma, dei riti, e così via?
38:36 S: Bè...

K: O religione nel senso di accumulare energie per trovare se sia possibile essere liberi? Capisce la mia domanda?
38:55 S: Sì. Penso la seconda, ma se guardiamo le religioni organizzate e le persone che ne fanno parte, vediamo che furono ispirate infatti dal secondo tipo di religione, che ancora le ispira, sopravvive ancora, penso. Ma c'è anche qualcosa che spesso è stato corrotto, imbastardito in nuovi dogmi, condizionamenti, e così via. Ma penso che in tutte le tradizioni religiose il significato di religione che intende lei è mantenuto vivo, e che l'impeto di tutte le grandi religioni del mondo sia quella visione che si è imbastardita e degenerata in vari modi. Ma questa visione non ha mai abbandonato le religioni, c'è sempre gente al loro interno che ancora ce l'ha. E' la luce interiore che le tiene vive, al di sopra del mero aspetto politico, e tutto il resto.

K: Lo so, lo so. Ma, supponiamo che uno come me rifiuti la tradizione, rifiuti tutto quello che è stato detto sulla verità, su dio, o quello che sia. Non so: gli altri direbbero: 'Noi abbiamo tutte queste cose.' Come posso io, che ho veramente respinto tutto questo - le tradizioni, le persone che dicono che c'è qualcosa, quelle che sostengono che sono tutte assurdità, e quelle che dicono di aver scoperto che c'è, ecc. ecc. Se spazzo via tutto dicendo che devo scoprire - non come individuo - può questa verità, benedizione o illuminazione, avvenire senza dipendere da tutto questo? Diciamo per esempio che io sono ancorato all'induismo, con tutto ... non le sue superficialità, non tutti i riti e le superstizioni, se sono ancorato al credo religioso di un indù, o di un bramino, sono sempre ancorato, potrei andare molto lontano, ma sono ancorato lì. E questa non è libertà. Perché ci deve essere libertà per scoprirlo, per incontrarlo.
41:43 S: Sì.
41:44 K: Stiamo andando troppo oltre?
41:47 S: No, ma torniamo indietro, lei propone che qualcuno possa rifiutare le tradizioni. Lei ha detto, supponiamo che io sia un uomo che ha rifiutato tutte le tradizioni. Allora chiederei che ragione c'è per rifiutare tutte le tradizioni?
42:07 H: Sembra che questo faccia parte del problema. Abbiamo detto che l'uomo è biologicamente e socialmente condizionato dalla sua famiglia, e la tradizione ne fa parte. Questo è il problema che abbiamo di fronte. E' possibile cambiare la nostra natura, o dobbiamo trattare ciascun problema quando emerge?
42:30 S: Stavo dicendo che il nocciolo profondo di tutte le grandi religioni del mondo è una visione di questa possibilità di trasformazione - salvezza, liberazione, o nirvana o altro. C'è questa visione. Ci sono sempre state persone nelle religioni che hanno avuto questa visione e l'hanno vissuta; ora...
42:54 K: Ah! Vada avanti, mi scusi.
42:58 S: Forse, il suo radicale rifiuto di tutte le religioni implica negarle. E se è così, perché? Perché dovremmo essere così radicali da negare...
43:07 K: Dubito che abbiano davvero ... - posso essere sacrilego, un infedele, un miscredente - Mi domando se essendo ancorato a un dato credo organizzato, io possa mai trovare l'altro. Se sono buddista, per esempio, credo che Budda sia il mio salvatore. Supponiamo che io ci creda, me lo hanno detto fin dall'infanzia, i miei genitori erano buddisti, e così via, così via. E finché trovo sicurezza in quell'idea, o in quel credo, in quella persona, non c'è libertà.
44:10 S: No, ma è possibile muoversi oltre quella struttura, a partire dal di dentro, si può andare oltre.
44:16 K: Questo significa che spazzo via tutto.
44:20 S: Significa spazzare via tutto, ma c'è differenza fra spazzare via tutto dall'inizio e...
44:26 K: Dall'inizio, intendo.
44:28 S: ... e partire dall'interno e andare oltre.
44:33 K: Vede - aspetti, aspetti; sì, lo so, il solito discorso. E' importante rompere tutte le barriere all'inizio, non alla fine. Sono un indù, vedo che cos'è l'induismo - un mucchio di superstizioni, ecc. - perché dovrei metterci degli anni per smetterla, perché non posso finirla il primo giorno?
45:15 S: Perché penso che dovrebbe reinventare e riscoprire da sè molte cose che sarebbe capace di superare più velocemente se non lo facesse.
45:25 K: No. La sua domanda è... Io sono un essere umano in relazione con lui o con lei. E in quella relazione sono in conflitto. Lui mi dice di non badare alla religione e all'illuminazione, al nirvana e a tutto il resto trasforma questo, vivi correttamente qui, e allora la porta è aperta.
45:53 S: Sì, ma non è più facile dirlo che farlo?
45:59 K: Lo so, che è più facile dirlo che farlo, ma cerchiamo di scoprirlo. Cerco di scoprire con lui, con lei o l'altra, come vivere in questo mondo senza conflitto. Giusto?
46:18 H: E' quello che ci chiediamo.
46:20 K: Posso scoprirlo, o è impossibile?
46:24 H: Non lo sappiamo.
46:26 K: No. Quindi partiamo non sapendo.
46:27 H: Va bene.
46:29 K: Perciò, indaghiamo. Perché, se il mio rapporto con la vita non è giusto - "giusto", tra virgolette, per il momento - come posso scoprire qualcosa che è immensamente oltre tutto questo? Oltre il tempo, oltre il pensiero, oltre la misura. Non posso. Finché non stabiliamo una giusta relazioni fra di noi, che è ordine, come posso trovare l'ordine supremo? Quindi devo cominciare da me, non da quello. Non so se ci stiamo incontrando.
47:15 S: No, pensavo che lei avrebbe argomentato l'opposto.

K: Certo, certo!
47:20 S: Finché ho questo, non posso raggiungere l'altro, perché la storia umana mostra che iniziando da ...
47:25 K: Ah! Perciò si inventa quello - si inventa qualcosa di illogico, potrebbe non essere vero; potrebbe essere solo invenzione del pensiero, e si immagina che sia ordine sperando che quell'ordine filtrerà dentro di noi. Sembra talmente illogico, irrazionale, mentre questo è così razionale.
47:57 S: Ma, è possibile?

K: Appunto! Cerchiamo di scoprirlo.
48:05 S: Ma ora ha completamente rovesciato l'argomento di partenza. Lui ha iniziato dal paziente che va nel suo studio, per cercare di sanare la sua relazione, per cercare di risolvere il suo stato di disordine e di conflitto in qualcosa di più tollerabile.
48:21 K: Non sono sicuro - mi scusi, Dottore, se oso avventurarmi "dove nemmeno gli angeli osano", Dubito che facciano la cosa giusta.
48:36 S: Fanno quello che ha detto ora partono dalla relazione, senza farsi le altre domande.
48:41 K: Ma io dubito che si preoccupino veramente di creare una giusta relazione fra gli esseri umani, fondamentalmente, non superficialmente, giusto per sistemarsi per la giornata.
48:57 H: Non penso stia negando che sono coinvolte questioni più grandi, sta dicendo che non dovremmo... inventare l'idea di quale sarebbe la soluzione.
49:07 K: Sì. Io vengo da lei con il mio problema - non vado d'accordo con qualcuno, oppure sono terribilmente depresso, o c'è qualcosa di disonesto in me, fingo. E vengo da lei. E lei mi dice di diventare più onesto.
49:36 H: Sì.
49:37 K: Ma non di scoprire che cos'è la vera onestà.
49:44 H: Non rischiamo di creare l'idea della vera onestà a questo punto?
49:48 K: No, non è un'idea. Io sono disonesto.
49:51 H: Sì.
49:52 K: Lei indaga: perché sono disonesto?

H: Sì.
49:54 K: Avanti ... mi disturbi. Non mi tranquillizzi.
49:59 H: Sì.
50:01 K: Non mi induca a dire che sarò un po' più onesto, un po' questo o quello, mi scuota così che scopra che cos'è la vera onestà.
50:14 H: Va bene, ...
50:16 K: Potrei rompere con il mio condizionamento, con mia moglie, con i miei genitori. Lei non mi disturba.
50:26 H: No ...

K: Questo è il mio punto.
50:29 H: Io la disturbo.

K: Parzialmente.
50:31 H: Bè ...
50:33 K: Mi disturbi a non adattarmi a piccoli aggiustamenti.
50:37 H: Bè, vediamolo.

K: Scusate.
50:43 H: Io la disturbo perché si adatti a piccoli aggiustamenti.
50:47 K: Sì.
50:49 K: Lei non mi dice 'Guardi, lei è disonesto, parliamone.'
50:53 H: Io lo dico.
50:55 K: No, ma approfondisca, così che io sia totalmente onesto.
50:59 H: Ma quanto a fondo devo arrivare, in modo da disturbarla completamente?
51:03 K: Sì. Me lo dica, lo faccia ora.
51:08 H: Va bene. Lei viene da me e parlando notiamo che la sua tendenza è di cercare continuamente qualcuno che renda la sua vita completa.
51:22 K: Sì, dipendo da qualcuno.

H: Sì, profondamente.
51:26 K: Profondamente.

H: E lei nemmeno lo sa.
51:28 K: Sì.
51:30 H: Io la disturbo dicendole quello che succede, e le mostro che lo sta facendo con me.
51:34 K: Sì.
51:35 H: Le dimostro che lo sta facendo con suo marito.
51:37 K: Sì.
51:38 H: E' sufficientemente profondo?

K: No.
51:41 H: Perché?
51:44 K: Che cosa mi ha dimostrato? Un'immagine verbale ...
51:51 H: No, non verbale.

K: Aspetti, aspetti.
51:53 H: Okay.
51:55 K: Un'immagine verbale, un argomento, una cosa che mi dice che sono disonesto. O qualunque cosa mi dica. E dove mi lascia?
52:07 H: Se è verbale le dà solo più di conoscenza di sè.
52:09 K: Esatto. Conoscenza di me.
52:13 H: Sì.

K: La conoscenza mi trasformerà?
52:16 H: No.

K: No. Attento, signore, attento. Allora, perché vengo da lei?
52:27 H: Non perché io le possa dare conoscenza. Viene pensando che forse io possa darle delle risposte, perché le altre persone, la società è ...
52:38 K: Perché non mi dice: 'Caro mio, lo faccia da sè, non dipenda da me. Rifletta, scopra, si muova.'
52:48 H: Va bene. Le dico di guardare dentro di sè. E lei mi risponde...

K: Che non posso farlo.
52:55 H: 'Non so di cosa stia parlando'.
52:56 K: Proprio così.

H: Sì.
52:58 K: Quindi, come mi aiuterà a guardare in me e a non dipendere da lei? Capisce la mia domanda?

H: Sì.
53:08 K: Prego, non sono l'unico attore in scena. E' una questione molto seria. Come mi aiuterà a guardare dentro di me così a fondo, da poter capire e andare oltre? Capisce che cosa intendo?
53:39 H: No, non la seguo. Capisco come aiutarla a guardare dentro di sè senza dipendere da me.
53:45 K: Io non voglio dipendere da lei. Non voglio dipendere da nessuno.
53:48 H: Va bene, posso aiutarla a farlo. Possiamo scoprire insieme che lei dipende da me, ma non so quanto a fondo si debba andare.
53:59 K: Bisogna indagare la dipendenza.
54:02 H: Va bene.

K: Perché dipendo? Per sicurezza.

H: Sì.
54:08 K: Dov'è la sicurezza? Esiste una cosa come la sicurezza?
54:15 H: Crescendo ho avuto delle esperienze che mi hanno insegnato che cos'è la sicurezza.
54:21 K: Sì, e che cosa sarebbe? La proiezione di un'idea.
54:24 H: Sì.

K: Un principio.
54:26 H: Sì,

K: Un credo, una fede, un dogma o un ideale, proiettati da me, o da lei, e io li accetto. Ma sono irreali.
54:41 H: Sì.

K: Perciò li posso mettere da parte?
54:47 H: Sì. E allora non è più depresso.
54:50 K: Ah! Io sono dipendente e quindi sono inquieto, geloso, e tutto il resto. La dipendenza mi rende attaccato, e in quell'attaccamento c'è più paura, ansia, mi segue?

H: Sì.
55:09 K: Può aiutarmi ad essere libero o a scoprire cos'è la vera sicurezza? Esiste una profonda e durevole sicurezza? Non nei mobili, non in una casa, non in mia moglie o in qualche idea - scopriamo se esista qualcosa come una completa sicurezza. Scusate ...
55:44 H: Lei dice che se soltanto lavorassi su questo con lei, e lei capisse di essere dipendente, questo non sarebbe sufficiente, perché non avrebbe scoperto una sicurezza duratura.
55:55 K: No. Perché è tutto quello che voglio. Ho cercato la sicurezza in questa casa, ma non funziona, non c'è sicurezza. Ho cercato la sicurezza in mia moglie, e non c'è nemmeno lì; allora cambio donna, ma non la trovo nemmeno lì. Poi trovo sicurezza in una chiesa, in un dio, in un credo, una fede, in qualche simbolo. Vede che cosa succede? Si esternalizza, se posso usare questa parola, cercando sicurezza in cose che non la contengono - nelle nazioni, e tutto il resto. Potrebbe aiutarci a scoprire se esista una completa sicurezza che sia incrollabile?
56:47 S: Sta dicendo che questo è uno dei nostri bisogni fondamentali, l'impulso portante?

K: Penso di sì.
56:58 S: E' una questione fondamentale se questa sensazione di una durevole incrollabile sicurezza sia possibile.

K: Sì. Perché quando c'è quella non ci sono più problemi.
57:15 H: Non mi è chiaro, è l'individuo che ce l'ha?
57:22 K: No, l'individuo non potrà mai avere quella sicurezza. Perché è divisivo di per sè.