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SD72CA1 - Ascoltare è un grande miracolo
Prima conversazione con Allan W. Anderson
San Diego, USA
16 febbraio 1972



0:21 Krishnamurti, in dialogo con il Dr. Allan W. Anderson. J. Krishnamurti è nato nell'India del sud ed ha studiato in Inghilterra. Negli ultimi 40 anni ha parlato negli Stati Uniti, Europa, India, Australia e in altre parti del mondo. Dall'inizio del lavoro della sua vita ha ripudiato tutte le connessioni con le religioni organizzate e le ideologie e ha detto che la sua unica preoccupazione era rendere l'uomo assolutamente e incondizionatamente libero. È autore di molti libri, tra i quali 'Il risveglio dell'intelligenza', 'L'urgenza del cambiamento', 'Libertà dal conosciuto' e 'Il volo dell'aquila'. Questo è un dialogo fra Krishnamurti e il Dr. Allan W. Anderson, professore di studi religiosi presso l'Università Statale di San Diego dove insegna testi sacri indiani e cinesi e la tradizione oracolare. Il Dr. Anderson, riconosciuto poeta, ha conseguito il suo titolo presso la Columbia University e l'Union Theological Seminary. Ha ricevuto il prestigioso Premio all'Insegnamento dall'Università Statale della California.
1:34 Anderson: Mr. Krishnamurti, uno dei tanti rischi di essere un professore di studi religiosi è che le persone chiedono sempre: 'Cosa insegna il tal dei tali?' Naturalmente bisogna essere molto cauti nel rispondere, spiegando che non si può parlare per qualcun altro. Sono quindi felice di poterlo chiedere all'interessato stesso: lei, come noto maestro spirituale, cosa direbbe che insegna?
2:15 Krishnamurti: Penso sia piuttosto difficile dirlo in poche parole, non è vero? Vogliamo comprendere l'intero campo del vivere, la morte, l'amore, la paura, il vivere, tutti i conflitti dell'umanità, e se sia mai possibile liberarsi da tutto questo, e trovare qualcosa che non può essere corrotto dal pensiero. Penso che, più o meno, si possa dire che parliamo di questo.
3:08 A: Capisco. In ciò che ha detto, mi sembra che forse stia indicando il contenuto di uno degli esagrammi dell'I Ching, quello chiamato Innocenza o L'Inatteso, e mi sembra, dalla lettura dei suoi libri, che dia particolare rilievo al consiglio di metterci in uno stato di prontezza tale da poterci aspettare ciò che altrimenti sarebbe inaspettato. Direbbe che questo è un inizio nella direzione che ci indica?
3:50 K: Non esattamente. Vede, signore, quando si guarda all'intero fenomeno dell'uomo, sia in oriente sia in occidente, tutti sembrano vivere in un tale caos e un dolore enorme, in modo conscio o inconscio, e, finché non si va oltre, stare semplicemente in attesa o rimanere in uno stato di innocenza, se possiamo usare questa parola, ci si può ingannare facilmente. Quindi si devono gettare le fondamenta per un comportamento corretto. Dobbiamo partire da lì. Dopo averlo stabilito in profondità, allora si può iniziare ad andare oltre - non oltre - e poi vedere cosa accade. Ma senza questo senso di... Comprendere qual è il comportamento, la condotta, e portare ordine, non limitarsi ad aspettare, attendere o accettare, o essere in uno stato di apertura, sono tutte cose piuttosto fuorvianti, o illusorie.
6:04 A: Mi interessa l'uso che lei fa della parola 'rettitudine', soprattutto rispetto al pensiero cinese che nella tradizione neo-confuciana parla di serietà e rettitudine come non differenti. Quella serietà della fermezza, e la rettitudine nel camminare.

K: Nel camminare, esatto.
6:27 A: Mi chiedo se non ci stiamo avvicinando ora.
6:30 K: Sì, signore, esatto. Serietà: ovviamente è necessario essere seri. Ma si può essere seri nelle proprie credenze o a proposito di un concetto, di un dogma. Possiamo essere spaventosamente seri su questo, accettarlo e viverlo, ma non la considererei serietà. La serietà implica la capacità di esaminare molto profondamente e dare tutta la propria vita a questa indagine. E nel darle tutta la propria vita, dedicandole tutta la propria vita, si procede con rettitudine.
7:34 A: Direbbe che questa rettitudine sarebbe un'espressione concreta della serietà?
7:39 K: Sì, sì.
7:41 A: Quindi saremmo d'accordo con i neo-confuciani quando dicono che la rettitudine regola la vita esteriore, e la serietà la vita interiore.
7:59 K: Ah, sì. Vede signore, qui c'è una difficoltà, quando divide l'esterno dall'interno. Non è forse un movimento, un flusso che entra ed esce, avanti e indietro, come una marea che entra ed esce? Non c'è una divisione chiara, definitiva tra l'esterno e l'interno.
8:28 A: No. Penso sia per questo che dicono che non sono diversi. Ma non dicono che sono la stessa cosa e questo mi interessa, dicono che non sono diversi eppure non dicono che sono uguali
8:42 K: Mi chiedo cosa intendiamo con 'uguali'.
8:47 A: A volte intendiamo identici.
8:48 K: Quando c'è diversità e differenza, una somiglianza, bisogna fare attenzione che la somiglianza non sia... diventa ingannevole. Sa, il mondo esterno, il mondo interiore, sono simili eppure non simili. E avere l'idea che sono simili e certamente uguali, poi non funziona.
9:36 A: Ma ci sarebbe anche una difficoltà del collasso dell'uno nell'altro.
9:39 K: Sì, certo, certo.
9:41 A: Giusto. Quindi penso di aver letto correttamente quello che ha scritto a proposito del vedere, non come qualcosa di fatto esclusivo dell'attività ordinaria ma mentre si sta facendo ciò che si deve fare, o si sta vivendo in modo virtuoso sta allo stesso tempo...
10:15 K: Vedendo.

A: Vedendo, giusto.
10:19 K: Mi chiedo cosa intendiamo con la parola 'vedere'.
10:25 A: Stavo per chiederglielo. Mentre guidavo, stavo pensando: "Voglio chiedere a Krishnamurti cosa pensa che intendesse Gesù quando disse, a proposito delle persone con le quali stava parlando: 'Avere occhi e non vedere; avere orecchie e non sentire.'
10:49 K: Appunto.
10:50 A: E glielo volevo chiedere.
10:53 K: Signore, sento che la cosa più grande e più importante in tutto questo è l'arte del vedere o l'arte dell'ascoltare. Cioè, osservare senza divisione, senza il 'me'. con tutte le sue memorie, le sue esperienze che interferiscono con l'osservazione. Perché il 'me', l'ego, l'io porta divisione. E dove c'è divisione deve esserci conflitto. Quando ci sono divisioni nazionali ci sono conflitti. Perciò se nell'osservazione c'è divisione tra 'ciò che è' e l'osservatore che è il 'me' con tutte le memorie, i concetti, le teorie, i pregiudizi, quando guarda attraverso questi pregiudizi e concetti, questo deve creare una divisione, quindi non sta davvero vedendo.
12:21 A: Sono interessato a come ha enfatizzato il gerundio, quando dice che non sta realmente vedendo. Questo significa che mi sta dicendo che è un processo in corso.
12:35 K: Sì. È un processo costante.
12:38 A: Sì. Non è una serie di lampi o episodico.
12:42 K: Non episodico, no.
12:44 A: No, me lo sono sempre chiesto perché a volte le persone ne parlano e una delle parole che oggi viene in mente è 'elevato', essere elevato, elevarsi, e ovviamente, se comprendo bene cosa si intende con questo, non è qualcosa che si mantenga. È piuttosto qualcosa di episodico. Ma ora lei sta parlando di qualcosa che è in corso, non episodico.
13:13 K: Signore, per questo credo che dovremmo discutere, parlare un po' di più di cosa sia osservare. Cosa è implicito nel vedere o nell'ascoltare? Quando faccio attenzione a ciò che dice, in quell'attenzione c'è comunicazione verbale, perché entrambi parliamo inglese o francese o altro e in questo non c'è interpretazione di ciò che sta dicendo, interpretazione basata sulla mia struttura di riferimento. Quindi la sto ascoltando senza interpretazione, senza traduzione, senza alcuna forma di giudizio. Sto solo ascoltando.
14:22 A: Quindi questa è un atto di pura intuizione, senza mediazione. É questo che sta dicendo?
14:28 K: Non lo chiamerei intuizione. Sono presente. Quando sono presente, non c'è interferenza del pensiero.
14:41 A: Il pensiero non starebbe tra il suo vedere e la cosa vista.
14:47 K: Sì. Ciò 'che è' può soltanto essere osservato totalmente o letto totalmente, capito totalmente, quando non c'è interpretazione né traduzione, non c'è una sfumatura in linea con i miei pregiudizi, inclinazioni e tutto il resto. Così che in questa attenzione 'ciò che è' subisce un cambiamento radicale.
15:18 A: Sì, sì.
15:21 K: E dopo tutto, se sono invidioso, ad esempio, e sono presente completamente, non dico, non uso nemmeno la parola, 'sono invidioso', ma sono completamente cosciente di quel sentimento, in questa osservazione non c'è divisione. Non sono diverso dall'invidia. C'è solo invidia. In questa attenzione, questo sentimento subisce un cambiamento radicale. Non rimane più invidia. Dove c'era una divisione tra ciò che è, che è l'invidia, e il dire: "Devo superarla, vincerla, non devo essere invidioso", allora c'è conflitto perché c'è una divisione.
16:36 A: Suppongo che quando dice questo, molti le abbiano detto che sentono nel loro cuore che è proprio come lei dice; e poi, non le chiedono spesso come si fa?
16:53 K: Ah, sì. Signore, non credo ci sia alcun 'come'. Il 'come' implica un metodo, un sistema, una pratica e nel 'come' è implicito che debba superarlo, vincerlo. Quando c'è questo sentimento di vittoria, allora tutto deve essere vinto di nuovo. Quando domino qualcosa questa deve essere dominata di nuovo, e così continuo a ripeterla: Mentre mi rendo conto che non c'è un 'come' ma solo l'azione dell'attenzione.
17:47 A: Quindi non bisogna farne l'obiettivo che si cela dietro l'attività.
17:55 K: É proprio questo, vede, vogliamo un obiettivo. L'essere umano vuole un fine da raggiungere, un obiettivo da conquistare. Questo gli dà un senso di vitalità, un senso di benessere, di successo.
18:13 A: Questo mi aiuta molto a comprendere l'affermazione che lei fa in uno dei suoi libri, che suona molto severa all'orecchio comune, che 'gli ideali sono idioti'. Possiamo vederlo. E diciamo: "É meglio che lo rilegga. Forse ci ho messo qualcosa che non c'era." e lo rilegge "No, è davvero ciò che dice, gli ideali sono idioti." Ma se lo comprendiamo nei termini della distinzione che ha fatto allora forse possiamo mantenere la parola 'ideale' se l'abbiamo capito, non come qualcosa che sta fuori dall'attività.
19:01 K: Signore, perché mai vogliamo degli ideali?
19:11 K: Ho a che fare solo con ciò che c'è. C'è la guerra. Ho a che fare con questo. Perché dovrei avere un ideale su questo? Ho a che fare con il conflitto nella relazione tra due esseri umani. Questo è ciò che è. Perché dovrei avere un ideale su questo? Se sono solo ideali che si manifestano mentre io non so come affrontare queste cose, ciò che è, ma se so cosa fare con ciò che è, quando c'è comprensione o nel comprendere ciò che è, gli ideali diventano del tutto insignificanti che siano ideali là fuori o qui dentro. Perché gli ideali implicano, - non è così signore ? - andare verso un fine, raggiungere un certo livello di perfezione, un certo livello di realizzazione e così via, e quindi c'è sempre questa idea del divenire; non essere mai con ciò che è.
20:40 A: Forse potremmo pensare alla parola 'ideale' semplicemente in riferimento allo stare bene invece che male; non nel senso di provare a migliorare, come un uomo malato desidera la salute, ma piuttosto che l'uomo sano è l'incarnazione di quella salute, come essere finito deve cambiare.
21:15 K: Un uomo in salute non sa di esserlo. È solo l'uomo malato che sa di esserlo.
21:27 A: Sì, credo davvero che sto iniziando a comprendere la sua distinzione. Molte difficoltà con la lingua forse sorgono a causa della distinzione che facciamo tra essere e sapere.
21:41 K: Sì, sì, sì. Allora possiamo discutere un po' anche di questo, cioè, sapere ed essere nel senso di essere con ciò che è. Cosa è sapere? Io dico che la conosco. La conosco? La conosco solo perché l'ho incontrata l'altro ieri. E nel frattempo lei potrebbe essere cambiato completamente. Ma ho un'immagine di lei fissata nella mia mente e in base a questa immagine dico che la conosco. Se non ho alcuna immagine di lei, allora la vedo sempre daccapo, nuovo.
22:46 A: Sì. Sì. Ci conosciamo da lunedì. Ci stiamo vedendo ora. Ci teniamo questo vedere dal primo momento che ci siamo visti? O diventa conoscenza?
23:17 K: Conoscenza, quando parliamo di conoscenza, è anche la formazione di immagini, non è vero?
23:26 A: Ci rappresentiamo la conoscenza attraverso immagini, sì.
23:30 K: E questa immagine diventa straordinariamente importante nelle relazioni. Ho vissuto con lei, diciamo, dieci giorni, o un mese o altro, e da questo raccolgo, costruisco un'intera serie di immagini e poi dico che la conosco, cioè, la conosco in base alla mia immagine e lei mi conosce in base alla sua immagine di me. Perciò la nostra relazione è in realtà tra queste due immagini le immagini che sono il passato, le immagini che sono la conoscenza reciproca. Lei mi ha parlato con durezza, o in modo amichevole, e tutto il resto, e questo costruisce un'immagine e io la conservo, la mente si afferra a questa immagine. Può la mente incontrare senza lasciare che le immagini interferiscano?
24:54 A: Allora lo studente la guarda e le chiede: "Come comincio?" Pensa che una persona che ascolti questo in modo corretto con il solo ascoltarlo correttamente, lo stia già facendo?
25:18 K: Sì, giusto. È per questo che vedere e ascoltare sono così importanti. Se io davvero la ascolto fare questa affermazione, la ascolto davvero senza distorcerla, senza nessuna direzione, la ascolto completamente dire che l'amore non è piacere. La ascolto e nell'atto di ascoltarla ne vedo la verità, e questa percezione, questo ascolto, fa qualcosa subito. Ma quando dice 'l'amore è piacere' o 'l'amore non è piacere' e io le presto poca attenzione, non significa niente. Ma se metto il mio cuore, la mia mente, il mio intero essere, nell'atto di ascoltare, in ciò che dice, allora non c'è divisione tra l'affermazione verbale e il fatto.
26:46 A: Crede che è ciò che fanno i bambini piccoli quando sembrano presi da qualcosa con molta intensità? Il tempo di attenzione non è molto lungo ma quando sono presenti, sembrano avere quel tipo di intensità che vediamo negli animali.
27:08 K: In quel caso, i bambini, ho insegnato a qualche bambino, sono totalmente presi, rapiti da qualcosa, da un giocattolo. Il giocattolo li assorbe, e poi quando si sono stufati del giocattolo o si rompe, la loro concentrazione se ne va. Il giocattolo è lo strumento della loro concentrazione. Non è che siano immersi.
27:46 A: No, la seguo, sì. La prego, continui.
27:54 K: Penso che sia ciò che accade, signore. Quando un'immagine, una statua, un'affermazione sono così forti, assorbono le persone. Le persone vengono assorbite, sono catturate, vengono sopraffatte, e credono che sia meraviglioso, si dimenticano di se stesse, dicono che Cristo, Gesù o Buddha li hanno completamente assorbiti. Il che significa che si sono lasciati persuadere dall'immagine che loro stessi hanno creato, e questa concentrazione è una questione molto superficiale. Può durare un anno o dieci ma è sempre molto superficiale, come un bambino sopraffatto da un giocattolo. Non so se ha osservato, signore, che le persone sono molto devote, sono dei devoti, la cosa a cui sono devoti è la più importante. Togli loro quella cosa, si perdono, si impauriscono, si irritano, diventano violenti. Quello di cui parliamo è questo tipo di attenzione, di ascolto così completo, non sono assorbito da ciò che sta dicendo, sto davvero ascoltando completamente. in modo da vedere se ciò che sta dicendo è falso o vero. Devo essere capace di discernere, di vedere la falsità nella verità o la verità nel falso. Non posso, se propendo in qualche modo verso un concetto al quale mi attacco. Perciò credo che ascoltare sia un grande miracolo. Se ascolto in questo modo, non chiederò mai 'come'.
30:33 A: Allora, uno non si prepara a ricevere questo miracolo?
30:38 K: No, non ci si può preparare, che significherebbe di nuovo avere una pratica.
30:45 A: Mi sembra straordinario che questo miracolo che ha menzionato, suona un po' sciocco parlare di un miracolo straordinario poiché un miracolo è, ovviamente, fuori dall'ordinario. Ma mi lasci provare a ripetere cosa mi sembra mi stia dicendo in risposta alla domanda su questa cosa perché voglio essere sicuro di averla compresa. Se una persona sta davvero ascoltando, ha già iniziato questa attività che la libera dal triste ciclo del piacere che viene consumato, e quindi perso, ed ora prova una gioia duratura. Ci convive davvero.

K: Sì.
32:03 A: Questo è ciò che intendevamo dicendo che non è episodico.
32:09 K: No, no.
32:10 A: Non si tratta di una serie di picchi.

K: No.
32:15 A: Quindi, quando parla a un vasto numero di persone, a una folla, o a un piccolo gruppo, è possibile che qualcuno ascolterà, a prescindere se si tratti di un grande pubblico.
32:46 K: Signore, è qualcosa di veramente speciale. Se parlo in modo superficiale, con noncuranza e ipocrisia e se qualcuno ascolta molto seriamente, coglierà subito, che non sono serio.
33:11 A: Le persone a questo punto dicono: "Parla la mia lingua". Capisco cosa intende.
33:19 K: Penso che l'attenzione in questo modo vada oltre la comunicazione verbale. Non mi fermo alle parole che usa. Non ci casco, non dico che voleva dire questo, che intendeva quello... e tutto quello che segue. Ma se ascolto, dalle parole non si creano immagini. Ascolto soltanto. So che suona piuttosto strano e piuttosto difficile, ma non lo è davvero.
34:05 A: No, non l'attività, no. Rifletto di nuovo sulla posizione in cui si trova una persona che viene ad ascoltare una discussione a proposito del vedere e dell'ascoltare, avendo occhi che davvero vedono, e orecchie che davvero sentono, e non vedono e non sentono, ma dicono che lo vogliono e pensano di essere davvero seri nel volerlo. Può darsi che qualcuno come lei che si rivolge loro, eserciti un potere di attrazione sulla loro attenzione in modo che, in un certo senso loro malgrado, possano improvvisamente iniziare?
35:06 K: Signore, questo porta a un punto che è: se stia parlando alla mente cosciente o a quella inconscia.
35:18 A: Sì, sì.
35:20 K: Ora, quale delle due? Se parla alla mente cosciente, allora questa può discutere, può dire "No, ha ragione, ha torto, dovrebbe dire questo" mi segue? Paragona continuamente con ciò che conosce, con ciò che è stato detto, traduce, tutto questo accade nella mente cosciente. Ma se dice qualcosa di reale, di non fasullo, senza voler esercitare la sua autorità, la sua influenza, la sua personalità, tutte quelle sciocchezze, ma davvero parla perché vuole trasmettere qualcosa a quella persona, nel profondo, allora tocca una parte molto profonda, l'inconscio, e lì può dire: "Rifiuto tutto questo perché è troppo pericoloso. Non mi piace perché mi priverà della mia nazionalità o delle mie credenze". SI impaurisce di fronte a questo pensiero. Oppure, poiché non ha familiarità con tutti i contenuti dell'inconscio, può esserci uno spazio in cui ciò che viene detto entra senza che egli se ne renda conto. Dopo tutto, tutta la pubblicità subliminale, le pubblicità usano questo tipo di trucchi, quindi uno deve stare attento, non attento uno deve essere totalmente indifferente al pubblico. Non so se comprende.
37:23 A: Sì, mi ricorda un detto di Gesù che mi disturbava molto quando ero bambino perché mi sembrava troppo ingiusto quando dice "Parlo loro in parabole perché udendo non ascoltano e guardando non vedono." Ora, presumo, se guardiamo da questa prospettiva che lei ha presentato, che può aver detto: "Parlo loro in parabole, ma ascoltando non lo faranno solo con la loro mente polemica."
37:56 K: Polemica, esattamente.
37:58 A: E che vedendo non vedano come per distinguere lacune in ciò che dico.

K: Ma questa è la difficoltà. Vede, la nostra coscienza è piena di così tante cose di ciò che ha detto Gesù, di ciò che ha detto Platone, di ciò che ha detto Buddha, o qualcun altro, delle nostre proprie esperienze, delle nostre vicende, avvenimenti, sfortune, dolori, è un contenuto così vasto. E il contenuto è la nostra coscienza. Non possiamo separare le due cose. Ora, nell'ascoltare aggiunge a questo contenuto, creando un'altra obiezione a cui aggrapparsi, o nell'ascoltare svuota il contenuto? Quando svuota il contenuto, la sua coscienza come 'me' non c'è, e quindi sta ascoltando con una vitalità molto diversa, con una dimensione diversa, se posso usare questa parola senza essere frainteso. È molto interessante. Non so se vuole che lo esploriamo. O aggiunge al contenuto, e quindi lo rende più pesante, ha più problemi, o, nell'ascoltare, il contenuto svanisce e anche ciò che dice svanisce in modo che la sua mente è vuota in modo completo, delicato, nuovo.
40:19 A: Sì, stavo pensando che ovviamente, penseremmo subito che c'è qualcosa di sbagliato in chiunque avesse questo concetto, ma viene in mente l'idea di un treno, qualcuno pensa che un treno sia solo la somma di vagoni merci e non ci sale mai. Non si rende conto che il treno è fatto per viaggiare e quindi non inizia.
40:48 K: È come un uomo che ara, ara, ara e non semina mai. Vede, tutti questi swami, yogi, tutti i maestri che passano, tutti aggiungono, aggiungono, aggiungono al contenuto. E arriva l'analista e dice "Aggiungiamo ancora un po' o analizziamo di più il contenuto"; non dicono mai 'Guarda, svuota il contenuto e vedi che succede' che è libertà totale.
41:35 A: E non dovrebbe chiedere come iniziare a svuotare.
41:38 K: Proprio così, signore. Non 'come', ma l'arte dell'ascoltare, l'arte di vedere molto chiaramente.
41:50 A: Pensa che chiediamo 'come' in relazione ad 'arte'? Perché l'arte di solito è pensata come un'abilità e un'abilità è vista come qualcosa che implica un 'come'.
42:03 K: Sì, abilità tecnica.
42:07 A: Ma, ovviamente, arte ha l'altro significato di unire.
42:13 K: Sì, aderire. Arte significa 'adattare'.

A: 'Andar bene'. Il latino ha questo concetto di riunire. Ho la sensazione che l'uomo antico, a differenza di quello moderno, pensasse davvero che questo fosse il significato della conoscenza.
42:33 K: Mettere tutto a posto.
42:36 A: Sì. Vedere una cosa per quello che è, è sapere.
42:46 K: Ovviamente.

A: Ma in seguito ce ne siamo allontanati.
42:52 K: Non pensa, signore, che abbiamo fatto della conoscenza la cosa più straordinariamente importante?
43:04 A: Accumulazione di informazioni.

K: Accumulazione di informazioni.
43:08 A: Sì, lo so. Sì, ho delle difficoltà con le mie classi quando dico loro che non ci sarà nessun lavoro di memoria in questo corso perché non ha alcun senso provare a memorizzare tutta questa roba se non siamo ancora giunti al cuore della questione.
43:25 K: Giusto, giusto.
43:26 A: E regolarmente, dopo una o due settimane, qualcuno viene a dirmi: "Ma io davvero non so cosa succede!" E ovviamente la ragione per cui non sanno cosa succede è perché hanno assimilato questo concetto, pensiero, e ci si attaccano, come un uomo sull'orlo di un precipizio, che pensa di morire se lo lascia andare.
43:55 K: Ricorda la storia del maestro che aveva un discepolo, che era rimasto con lui per quindici anni e alla fine gli dice: "Maestro, non ho imparato niente. Mi sento perso; dove sono? Sono rimasto com'ero, mi dispiace ma devo lasciarla perché non mi ha insegnato niente". Se ne va e dopo dieci anni ritorna. Dice: "Maestro, ce l'ho fatta!" "A fare cosa?" chiede il maestro. "Guardi, posso attraversare il fiume camminando sull'acqua. Ci ho messo quindici anni per impararlo." E il maestro gli fa: "Ma come, non sai che lì dietro l'angolo c'è una barca?"
44:52 A: Acquisizione di poteri. C'è una storia meravigliosa su S. Antonio e i suoi discepoli che ho sempre apprezzato molto. Quando un discepolo va di corsa da lui e gli dice: "S. Antonio, il Signore mi ha concesso una visione: davvero, una visione!". E il vecchio santo gli fa: "Lo ha fatto ora? Allora torna a pregare ancora un po' e se ne andrà." Che colpo! Pensava di avercela fatta. Sono molto preso da questa cosa che mentre da una parte vedere e sentire, come lei li ha formulati, non sono trasferibili, e per questa ragione, dato che ha detto che erano miracoli, che non potevano esserlo, eppure in un modo o nell'altro inizia. Credo che non si faccia niente a proposito. Semplicemente si aspetta.
46:15 K: Penso che si tratti davvero di ascoltare, signore, e che questo atto di ascoltare è un seme che opera senza che lo sappiamo. Come quel ladro che sta morendo, raduna i suoi quattro figli e gli dice: "Il Signore ci ha benedetti. Abbiamo arraffato e rubato così bene, nessuno ci ha catturato, e abbiamo accumulato un sacco di soldi. Dobbiamo benedire il Signore." E poi muore. I quattro fratelli lo portano sulla pira e tornano a casa. Nella piazza c'è un uomo che parla della bontà, dell'essere buoni, virtuosi, tre dei figli non lo sentono perché vedendo di che si tratta si tappano le orecchie. Anche il quarto figlio si tappa le orecchie, ma calpesta una spina e deve quindi spostare le mani. Allora sente il predicatore dire: "Siate buoni, siate gentili, non fate del male a nessuno!". Avendo ascoltato quelle parole, da quel giorno smette di rubare. Mi segue?

A: Sì.
47:43 K: È questo il senso dell'ascolto sottile.
47:50 A: È come se si svolgesse indirettamente.
47:54 K: Sì, è così. Non si può indurre. Se si potesse, allora è finita, come coloro che dicono di invitare Dio, la volontà di Dio, ecc. è il desiderio di invitare qualcosa di immenso nelle vostre piccole menti insignificanti.
48:26 A: È interessante che abbia calpestato una spina. Era scioccato e ha sofferto.

K: Chi, signore?
48:34 A: Il ladro, calpestando una spina, si era fermato ad ascoltare ma era accaduto per uno shock

K: Sì.
48:46 A: Dalla sofferenza.
48:48 K: Sì, se vuole metterla così.
48:52 A: Non è che fosse andato in cerca della sofferenza per ascoltare.
48:56 K: No, no.
48:57 A: O che andasse cercando spine da calpestare, perché gli dessero quel sentire. No, ma è interessante che nella storia ci sia stato uno shock.
49:07 K: No, signore, sulla questione del dolore e dello shock, bisogna affrontare la vita con dolore? Si deve soffrire in modo che questa sofferenza apra la porta? É necessario attraversare tutto questo?
49:35 A: Che si faccia, non significa che si debba.
49:37 K: Si fa, ma è essenziale? È giusto? È vero? Sofferenza di ogni tipo, signore. Mio figlio muore. È un dolore tremendo perché ho investito molto su di lui ed è un colpo enorme e un grande dolore. O in questa sofferenza mi ritiro, divento duro, cinico, amareggiato, chiuso, o questo dolore mi costringe a cercare conforto in una teoria, in un'idea, in una conclusione, oppure questa sofferenza non ha una risposta. Esiste solo questo dolore e non ci si allontana da esso, da ciò che è. Rimani con ciò che è.
50:56 A: Guardalo.
50:57 K: Guardalo, ascoltalo, conoscilo. Mi segue? Ascoltalo completamente. Allora ne sei fuori. Ci sono tre categorie di esseri umani non so se qualcuno rimanga completamente con il dolore, senza diventare cinico, disperato, abbattuto, ma ci resta come si rimane con un bel fiore. Lo si guarda. Lo si vede.
51:33 A: Non lo si guarda per farlo sparire.
51:35 K: No.
51:36 A: Non è quello che intende. Sì, lo capisco. Mi sembra una cosa molto importante da mettere in evidenza perché forse la gente crede, almeno così mi sembra spesso nelle conversazioni con gli studenti ho la sensazione che loro si impegnino a provare a scoprire cosa sono il vedere e l'ascoltare nella speranza che quando lo scoprono non saranno mai più infelici. Che non dovranno soffrire mai più, e questo è sbagliato ovviamente.
52:11 K: No. Vede, signore, prenda il cristianesimo: tutto il dolore è lasciato a un solo uomo e loro venerano il dolore. E il mondo asiatico dice che il dolore dipende da un karma negativo, che è il risultato di ciò che si è fatto nella vita precedente, e che si paga in questa vita e lo si deve sopportare, andare avanti e patirlo e più tardi, nella prossima vita, ne saremo liberi. È la stessa cosa, mi segue?

A: Oh, sì, sì.
52:53 K: Non dicono mai, guardiamo, vediamo, finiamolo, senza affidarlo a qualcuno o a teorie, ma vediamo se c'è un modo di vivere nel quale non esista il dolore. Penso che sia di enorme importanza poiché il dolore fa cose terribili agli esseri umani.
53:21 A: Di fatto molti cristiani hanno questa idea. Ed è particolarmente strano perché Gesù disse palesemente che era venuto a portare la gioia.
53:33 K: No, ma lei sa cosa intendo.
53:35 A: Sì, so esattamente cosa intende. Dicendo questo, non intendevo contraddire ciò che ha detto.
53:41 K: No, no, signore.

A: No, piuttosto evidenziare una sfortuna, un equivoco...
53:49 K: Penso che lo sia, sa, nell'antica letteratura dell'India, i Rig Veda, mi hanno detto che non si menziona affatto Dio, solo l'amore per la bellezza, la natura, l'amore per la luce, mi segue? il sole e tutto questo. Era così semplice che i preti arrivarono e dissero "Questo è troppo semplice. Facciamolo un po' più complicato". ed iniziarono. Penso che è quello che accade con tutte queste cose.
54:27 A: Ovviamente c'è un modo di leggere i Rig Veda in cui ci si aggira in questo mondo fantastico dove questi dèi non sono considerati superiori a qualcuno, ma piuttosto come energie che lo ispirano così da renderlo capace di impegnarsi nella serietà e nella virtù. Ma poi ci risiamo di nuovo. Non si può comunicarlo nel senso di trasferire quella relazione a questo testo.

K: Oh, no. Vede, questo apre la questione dell'esperienza personale. Voglio dire, vogliamo la realtà come esperienza personale. E quindi molti dicono "Ho avuto esperienza della verità. Sono diventato illuminato, realizzato", e tutte queste cose, che sono tutte una conquista personale. Penso che sia del tutto sbagliato perché la verità non è sua o mia. É lì.
55:48 A: Se si vede e si sente il modo in cui lei ha presentato il tema, l'auto-realizzazione si occupa di se stessa. Non ci si deve lavorare.

K: Esatto, sì.
55:58 A: Capisco cosa intende. Noi certamente abbiamo l'idea che l'autorealizzazione sia qualcosa che possiamo ottenere con ogni genere di sforzo 'muscolare'.
56:11 K: Penso sia la stessa cosa quando abbiamo un muscolo debole, ci si allena, si fa qualcosa per rafforzarlo. La stessa idea è stata trasportata al piano psicologico e quindi si dice: "Devo praticare, devo vincere." mi segue? Entra in gioco tutto questo, mentre il rafforzamento psicologico è la fine del conflitto, non la pratica per superare il conflitto.
56:42 A: Corriamo correndo.

K: Sì.
56:45 A: Giusto. Sì, no, credo di capire.
56:49 K: Penso che dovremmo fermarci.